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Situazione internazionale bollente: la missione dell’”International Council of Jewish Parliamentarians”presso Washington e ONU, Durban III e la visita del premier romeno a Washington per parlare di scudo antimissile

Creato il 13 settembre 2011 da Wally26

P R E M E S S A

Fonte Asia News:

Il segretario dell’Onu Ban Ki-moon, in viaggio nel Pacifico del Sud, ha riaffermato il suo appoggio a una soluzione due popoli-due Stati per il conflitto israelo-palestinese. Fra dieci giorni sarà presentata all’assemblea delle Nazioni unite la proposta di riconoscimento di uno Stato palestinese. Nel frattempo l’inviato statunitense David Hale si è recato a Ramallah per discutere con il premier palestinese Mahmoud Abbas e cercare di convincerlo a non proseguire con l’iniziativa di riconoscimento di uno Stato autonomo. Gli Stati Uniti porranno il veto al Consiglio di sicurezza sul riconoscimento. Ma è probabile che la proposta palestinese venga approvata dall’Assemblea. Ban Ki-moon ha dichiarato: “Appoggio lo Stato palestinese, uno Stato di Palestina indipendente e sovrano”. Ban Ki-moon ha affermato che il presidente Obama ha impostato un buon quadro per i negoziati di pace, ma che tocca gli Stati membri dell’Onu decidere su un eventuale riconoscimento. “Così lascio a loro la decisione se riconoscere o meno lo Stato palestinese”. I rappresentanti di varie fazioni palestinesi hanno consegnato ieri a Ban Ki-moon una lettera in cui gli chiedevano di appoggiare la richiesta di accettare lo Stato palestinese come un membro a pieno titolo delle Nazioni unite; un gesto che è stato interpretato come l’avvio dell’iniziativa dell’Autorità palestinese. L’Autorità palestinese ha negato che il messaggio fosse una richiesta ufficiale all’Onu di riconoscere uno Stato sui confini precedenti al 1967; ha dichiarato che le fazioni hanno deciso di consegnare la lettera come prova dell’appoggio popolare alla richiesta.

1) LA MISSIONE DEL “COUNCIL OF JEWISH PARLAMENTARIANS ” ALL’ONU E ALLA CASA BIANCA PER DISCUTERE L’IMMINENTE RICHIESTA UNILATERALE DI RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE

Fonte:  L’ Occidentale

Si è conclusa giovedì scorso la tre giorni di missione negli Stati Uniti del direttivo dell’International Council of Jewish Parliamentarians (ICJP), organizzazione che riunisce oltre 300 parlamentari ebrei da tutto il mondo, durante i quali la delegazione composta da 11 parlamentari, di diverso orientamento politico, provenienti da Canada, USA, Brasile, Australia, Italia, Costa Rica, Belgio, Ungheria, Inghilterra, ha tenuto una serie di incontri all’ONU e al Congresso AmericanIASo in vista dell’imminente presentazione il 20 settembre, all’Assemblea Generale, di una risoluzione per il riconoscimento unilaterale dello Stato Palestinese. Abbiamo chiesto all’On. Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, che presiede l’ICJP, qual è stato l’esito di questo importante summit.

On. Nirenstein, può spiegarci in che cosa consiste e qual è l’obiettivo del Council of Jewish Parliamentarians?

Sono stata nominata presidente dell’ICJP, organizzazione che mette insieme 300 tra senatori, ministri e deputati di tutto il mondo, abbiamo un direttivo composto da persone che vengono da 11 paesi diversi che vanno dall’Italia, all’Australia agli Stati Uniti al Sud America. Ci siamo ritrovati tutti a New York per svolgere una nostra riunione di direttivo perché abbiamo pensato che era necessario andare all’Onu per cercare di salvare il processo di pace.

In che modo?

Dire all’Organizzazione delle Nazioni Unite che quest’idea di votare a favore del riconoscimento unilaterale dello stato palestinese romperebbe qualsiasi trattativa tra le due parti. Noi siamo convinti che una pace vera si faccia guardandosi negli occhi tra nemici. Non è che uno va e decide ciò che vuole, ciò che gli sta bene, quali sono i suoi confini, le sue caratteristiche, la sua capitale, insomma tutte quelle cose che da anni e anni, cioè dal 1948, Israele offre e i palestinesi rifiutano nei termini che possano garantire il rispetto del contenuto della risoluzione 242, riconosciuta dall’Onu dopo la guerra dei sei giorni, che sancisce che ai Palestinesi è dato uno stato ma che agli Israeliani è data la sicurezza dei propri confini.

Cosa provocherebbe questo voto?

Non porterebbe a nessuna pace ma solo a una presa di posizione furiosamente contraria allo stato d’Israele. I Palestinesi avrebbero senz’altro la maggioranza automatica perché raccoglierebbero i voti  di tutti i paesi islamici e dei paesi non allineati, senza contare che ci sono molte incertezze da parte di alcuni paesi europei. Una dichiarazione unilaterale non vale niente, rompe il principio della legalità internazionale che si acquisisce stipulando accordi, fa cadere il significato e il ruolo dell’Onu, cancella tutte le relazioni bilaterali che ci sono state fin’ora. Questa è una cosa terribile perché significa porre tutto sul piede di guerra. Con la situazione che c’è in tutto il Medio Oriente questo susciterebbe un’ondata di odio anti israeliano, un senso di rivincita e di vittoria che scuoterebbe l’intera area.

Cosa chiedete, dunque?

Noi vogliamo che le due parti si siedano a tavolino, discutano e arrivino a un accordo di pace tra due stati e due popoli.

Quali sono state le posizioni dei vari Paesi partecipanti al summit sulla questione?

Abbiamo fatto una cena con i rappresentanti europei all’Onu. Quello che è emerso che l’Italia, la Polonia e i vari paesi dell’est sono contro la richiesta unilaterale, la Germania è incerta, il suo ambasciatore ha fatto un intervento complesso. Invece sono molto preoccupata per la posizione di Francia e Russia che sono apparsi molto titubanti.

Per quale motivo secondo lei?

Non so, posso attribuire questa incertezza solo a loro motivi di opportunità statali.

Ad ogni modo, quale è il bilancio dell’incontro?

Il bilancio è estremamente positivo perché ci siamo confrontati, ma dirti che vinceranno i nostri intenti è più difficile. Sta di fatto che il giorno dopo abbiamo fatto una grande conferenza stampa all’Onu, sono venuti tantissimi giornalisti di tutti i paesi del mondo e anche lì abbiamo spiegato le nostre posizioni, abbiamo raccontato del nostro incontro, insomma abbiamo fatto del nostro meglio in una realtà in cui ci sono tanti parlamenti in cui c’è una forte diffidenza rispetto a questa presa di posizione. La sera stessa, poi, siamo stati a Washington dove abbiamo fatto un incontro con i membri del Congresso e con l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Michael Oren che abbiamo trovato molto preparati sull’argomento e che hanno dibattuto con noi con piacere.

Come è stata accolta la posizione dell’Italia, in questo contesto?

Noi abbiamo fatto una cosa che mai quest’organizzazione parlamentare aveva fatto prima, ci siamo esposti in prima persona e posso dire, in qualità di presidente, posso dire che l’Italia ha avuto un ruolo molto importante e molto rispettato in questa occasione e, più in generale, c’è grande interesse per le posizioni dell’ICJP.

Come si pone la Casa Bianca rispetto alla questione della risoluzione per il riconoscimento dello stato palestinese?

Obama ha già dichiarato che voterà contro e che è dell’avviso che nessuna posizione unilaterale porterà alla pace, per questo concordano con noi che le due parti dialoghino. Purtroppo questo dibattito che si presenta all’orizzonte intanto viene a coincidere con un altro evento: la conferenza di Durban III, in cui vengono presentati tutta una serie di principi anti israeliani. Questo in un contesto di odio contro Israele, basti pensare il giro che sta facendo questi giorni Erdogan in Egitto, in Libia e Tunisia per propagandare posizioni anti israeliane e unificare tutte queste rivoluzioni cosiddette della “primavera araba” sotto invece una bandiera anti israeliana, che diventa l’unico vessillo unificante in una situazione di caos e confusione. È una situazione di allarme estremo, noi abbiamo cercato di fare del nostro meglio dicendo la nostra, speriamo che altre nazioni si adeguino.

2) IL BOICOTTAGGIO INTERNAZIONALE DELLA CONFERENZA “DURBAN III” PREVISTA IL 22 SETTEMBRE A NEW YORK

Cosa e’ “Durban III”?

Facciamo un passo indietro nel tempo. L’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) e’ un’agenzia dell’Onu stabilita nel 1945 allo scopo di contribuire alla costruzione di una cultura della pace e della sicurezza tramite programmi di cooperazione internazionale nel campo delle scienze, della cultura, della giurisprudenza, dei diritti umani, nello spirito della promozione delle liberta’ fondamentali dell’uomo sancite dalla United Nations Charter. In questo spirito, a partire dal 1978 l’Unesco ha promosso una serie di incontri internazionali, World Conference against Racism (WCAR), con lo scopo di studiare scientificamente il fenomeno culturale del pregiudizio razziale e di proporre risoluzioni per combatterlo. Nel 1950 l’Unesco pubblico’ il primo documento ufficiale col quale tento’ di chiarire scientificamente il “concetto di razza” allo scopo di mettere a tacere definitivamente ogni forma di razzismo e discriminazione razziale. Il documento intitolato “The Race Question” fu redatto da un pool internazionale di antropologi culturali, sociologi, etologi, psicologi e biologi. Nel 1978 pubblico’ un secondo documento sul tema, la “UNESCO Declaration on Race and Racial Prejudice” nella quale si enfatizzavano due concetti;

All peoples of the world possess equal faculties for attaining the highest level in intellectual, technical, social, economic, cultural and political development” and “The differences between the achievements of the different peoples are entirely attributable to geographical, historical, political, economic, social and cultural factors.”

Population groups of foreign origin, particularly migrant workers and their families who contribute to the development of the host country, should benefit from appropriate measures designed to afford them security and respect for their dignity and cultural values and to facilitate their adaptation to the host environment and their professional advancement with a view to their subsequent reintegration in their country of origin and their contribution to its development; steps should be taken to make it possible for their children to be taught their mother tongue.”

Del 1995 la “Declaration of Principles on Tolerance”.

Nell’ambito delle Conferenze Mondiali contro il Razzismo (WCAR), venne commemorata nel 2001 a Durban (da qui il nome “Durban I“) la risoluzione 64/148 del 1978, alla quale vennero aggiunti nuovi richiami e raccomandazioni.  Segui’ poi la controversaDurban Review Conference” (Durban II) nel 2009 in Svizzera, che venne boicottata da 10 nazioni occidentali a causa della polarizzione politica assunta dai paesi medio-orientali africani e latino americani in chiave spiccatamente anti-occidentale e anti-Israeliana.  La prossima conferenza del WCAR e’ fissata al 22 settembre a  New York e combaciera’ con la controversa mossa della delegazione palestinese di inoltrare alle nazioni presenti la richiesta unilaterale per il riconoscimento dello Stato Palestinese di fatto,  escludendo dal tavolo la trattativa vis-a’-vis con Israele.

L’associazione non-governativa con base a Ginevra “UN Watch” composta da 25 ONG internazionali critiche dell’uso ideologico cui e’ stata fatta oggetto questa iniziativa, ci informa che diversi paesi hanno votato a sfavore del draft della risoluzione Durban III del 2010 e boicotteranno il meeting del 2011: Australia, Bulgaria, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Germania, Israele, Italia Latvia, Lituania, Marshall Islands, Micronesia, Olanda, Palau, Polonia, Romania, Slovacchia, Svezia, Macedonia, Gran Bretagna, Stati Uniti (“Analysis: Who voted for and against Durban 3 resolution”).

Leggi anche:“Australia pulls out of Durban 3“, “AJC Praises Bulgaria for Skipping Durban 3″, “Durban III promises wave of Islamophobia whines“

Situazione internazionale bollente: la missione dell’”International Council of Jewish Parliamentarians”presso Washington e ONU, Durban III e la visita del premier romeno a Washington per parlare di scudo antimissile

3) IL PREMIER ROMENO, TRAIAN BASESCU, OGGI A WASHINGTON

Situazione internazionale bollente: la missione dell’”International Council of Jewish Parliamentarians”presso Washington e ONU, Durban III e la visita del premier romeno a Washington per parlare di scudo antimissile

Il presidente romeno Traian Basescu incontrera’ oggi il presidente americano Barack Obama nello Studio Ovale della Casa Bianca; questo breve incontro e’ un fuori programma nella schedule del presidente Basescu che invece e’ atteso formalmente a Washington per incontrare il vice presidente Joe Beiden, il capo della CIA David Petraeus e il Segretario della Difesa Leon Panetta. In contemporanea il Minstro degli Esteri romeno Teodor Baconschi si incontrera’ con il Segretario di Stato Hillary Clinton per firmare accordi bilaterali sul dispiegamento in territorio romeno di componenti dello scudo anti missile americano.

Romanian President Traian Basescu met Barack Obama in Oval Office on Tuesday” fonte: Hot News Romania

Situazione internazionale bollente: la missione dell’”International Council of Jewish Parliamentarians”presso Washington e ONU, Durban III e la visita del premier romeno a Washington per parlare di scudo antimissileScopo dello scudo anti missilistico il contenimento di possibili attacchi provenienti dal medio oriente, in particolare dall’Iran, da Cina e Corea del Nord. A tale scopo la diplomazia internazionale e’ al lavoro da anni per invogliare la Russia ad allearsi ideologicamente con la NATO, con la quale partecipa gia’ ad esercitazioni e meetings in qualita’ di membro esterno.

C O N C L U S I O N E

Questo e’ un momento storico importante in cui assisteremo probabilmente ad un riconfiguramento degli assetti geopolitici mondiali.  Si vedra “chi sta con chi”  e si capira’ bene anche il perche’. Il ruolo di catalizzatore del sentimento arabo anti israeliano che gioca il premier turco, sara’ importante per capire bene in quale direzione voglia andare la Turchia e se l’Europa e gli Stati Uniti possono ancora contare su di essa. Anche la Francia ne esce maulccio, riconfermando il doppio standard in politica interna e in politica estera. L’ONU continua il suo progressivo cammino verso l’irrilevanza, compromesso com’e’ dal suo costante biasimo anti occidentale. Ad esempio Stati Uniti e Gran Bretagna opereranno dei cospicui tagli al budget alle agenzie scarsamente performanti o addirittura performanti contro i loro interessi. Una su tutte proprio l’UNESCO;

Earlier this year, the United Kingdom announced that it will stop funding four poorly performing U.N. agencies. The U.S. should similarly evaluate its membership in U.N. organizations. The potential savings could be hundreds of millions. For instance, few, if any, U.S. interests were harmed by U.S. absence from the U.N. Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO) for two decades. Few, if any, core U.S. interests have been significantly advanced since the return to UNESCO in 2003, yet membership cost U.S. taxpayers $81 million in 2010. The International Labor Organization, which the U.K. deemed to be a poor performer unworthy of funding, received $84 million from the U.S. in 2010. The scandal-plagued U.N. Development Program received $100 million in 2010.

The expansion of U.N. budgets over the past decade has been enormous and subject to insufficient oversight and prioritization. When the U.S. is forced to tighten its belt, it is reasonable to expect the U.N. and its affiliated organizations to similarly trim their budgets to emphasize priorities. U.S. budget cuts will shock the U.N. system, which has become accustomed to regular, large increases in funding. To minimize U.S. arrears and the disruption to U.N. activities, U.S. officials should inform the U.N. of anticipated reductions in U.S. contributions and suggest budgetary changes and reforms.  (The Heritage Foundation)

Assisteremo quindi nella migliore delle ipotesi ad un rineallineamento all’interno della NATO che vedra’ gli Stati Uniti stringere alleanze con l’Europa del’Est, Romania e Polonia in particolare, mentre vedremo diminuire d’importanza il ruolo degli alleati europei occidentali, della Francia in particolare, troppo spesso confusi sulle priorita’ internazionali.


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