In Burundi non c'è pace da troppo tempo ormai e il poter arrivare a stabilizzare la situazione interna al Paese pare sia impresa titanica da quel che si ascolta o si legge attraverso i "media".
Ne ha parlato due giorni fa il presidente USA Obama, che vorrebbe si mettesse fine ai contrasti interni tra le attuali forze di governo, quelle uscite dalle ultime elezioni politiche e l'opposizione a Nkurunziza, definita da quest'ultimo ribelle.
Il non agire dall'esterno ossia la non ingerenza invocata, quella che il presidente Nkurunziza ha più volte definito ufficialmente come una autentica indebita aggressione al suo Paese, secondo Obama potrebbe solo peggiorare le cose e fare posto a un genocidio,che in un certo senso strisciante già c'è.
Ricordiamo che il Burundi è a maggioranza hutu.
I tutsi costituiscono la minoranza della popolazione.
La Francia, dal canto suo, sta invitando in queste ultime ore il Consiglio di Sicurezza dell'Onu a provvedere con un contingente armato,di uomini e di mezzi, da affiancare alle truppe burundesi per riportare la calma.
E, comunque, quello francese non è certo un agire disinteressato.Un Pierre Nkurunziza obbediente e grato, se così fosse, potrebbe sempre venir bene agli interessi della Francia.
Ma l'Onu, o almeno alcuni dei suoi membri, dissentono decisamente perché non si vuole dare l'idea di un'aggressione a un Paese,dal quale trapela pochissimo in merito all'oggettiva veridicità dei fatti.
Resta tuttavia che ogni giorno, anche ieri, nei quartieri periferici della capitale, Bujumbura, ci sono state sparatorie, sassaiole e interventi violenti e spesso arbitrari della polizia locale con morti sul terreno e numerosi feriti.
E i cosiddetti "ribelli" dal canto loro, per le loro pur legittime proteste, non sono da meno. Feriscono e uccidono anch'essi.
Quello che non è chiaro è il perché di tante titubanze, chiamiamoli magari riguardi (così sembrerebbe) nei confronti di Pierre Nkurunziza ( anche da parte dell'Unione Africana, ad esempio), il quale comunque non offre spazi di dialogo e resta rigido nelle sue posizioni.
E questo indifferentemente quali che siano i suoi interlocutori.
Il ritornello da parte di chi vorrebbe agire ma rimane fermo, propone ma non osa (USA, Onu, Francia, la stessa UA) è sempre il solito : mancanza di chiarezza.
Mentre si aspetta che ci sia questa benedetta chiarezza, in un Paese povero ( gli aiuti esterni non arrivano più come prima) e umanamente molto provato, in una Regione, quella dei Grandi Laghi, dove esiste una larvata competizione con il vicino Rwanda di Paul Kagame, che potrebbe anche avere mire espansionistiche, legittime o meno, la gente muore, le fosse comuni si continuano a riempire di cadaveri e chi ce la fa , molla tutto, prova a scappare o lo ha già fatto da parecchio tempo.
E i numeri, mentre montano angoscia e sconforto, crescono tanto per chi muore che per chi scappa. E crescono , purtroppo, in progressione geometrica.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)