Non mi è mai accaduto sino ad oggi di poter leggere una raccolta di versi con tanto gusto e con tanta soddisfazione e di poter finalmente apprezzare qualcuno che conosce la Poesia e i suoi spazi, come quando ho avuto tra le mani il libro di Marco Saya dal titolo “Situazione temporanea” edito da Puntoacapo editrice.
«… dove vai? mi chiedeva mia madre solcata dalle rughe della paura, ancora non so, le rispondo (dopo vent’anni) da guitto di circonvallazione, sempre un casino Piazzale Lodi sino al prossimo semaforo e gli attimi ti consumano le mani, anche il volante si deteriora!».
I riferimenti che ho automaticamente elencato nella mia testa sono stati Calvino (per una Milano dalla consistenza ectoplasmatica) e poi Dario Bellezza (per quel sapore destinale di una quotidianità in grado di passare dallo stato astratto di melanconia a quello solido di meccanismo ripetitivo e stritolante slanci ed entusiasmi). La narrazione del poiein che si sostanzia nel ritmo e nella scelta semantica adottata dall’autore, tende ad una serrata elencazione di gesti quasi automatici nella creazione di topografie allocutivamente dimostrabili come Milano, piazzale Lodi, la Esselunga, che compongono un puzzle desolante e annichilente. Quello che emerge è il nulla di una grande città, che non è più la Milano da bere ( e che francamente non lo può più essere) ma ripete stereotipi di efficienza e produttività che rasentano il rococò: ovvero come nel barocco salentino così in una perturbazione multiversica come quella descritta da Saya, il “for successful living” diventa cancerogeno nel suo autoriprodursi, e dunque mutandosi in “rococò altro” crea vuoto di senso.
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