Skarsgard, il volto umano del vampiro rockstar
Creato il 06 ottobre 2012 da Valentinaariete
@valentinaariete
Incontro con Alexander Skarsgard, il vampiro Eric di True Blood, accolto da scene di isteria collettiva al RomaFictionFest dove ha presentato la quinta stagione della serie cult dal 23 ottobre in prima visione su Fox.
Dentro un involucro da divinità nordica può esserci una persona gentile e una testa pensante. E’ questa la scoperta su Alexander Skarsgård, ospite del Roma Fiction Fest. Altissimo, biondo, sguardo glaciale, l’attore svedese ha senza dubbio il physique du rôle per interpretare il principe vichingo diventato vampiro Eric Northman. Ma lo sguardo, nella versione ‘in borghese’ cambia completamente, rivelando la bravura di Skarsgard a calarsi nel ruolo di uno dei personaggi più amati di “True Blood”, serie creata da Alan Ball giunta alla quinta stagione, trasmessa in America dal canale HBO e in Italia da Fox dal 23 ottobre ogni martedì alle 22.45. Sbarcato all’evento romano per presentare la nuova stagione della serie vampiresca, con Kristin Bauer e Valentina Cervi (al suo debutto nella serie) ha accontentato i fan con 45 minuti di pink carpet, tanti sorrisi e qualche battuta sulle esperienze passate. Poi ci ha parlato del suo rapporto con il personaggio, dei progetti futuri e di vecchie aspirazioni.
In “True Blood” sei Eric Northman, un vichingo vampiro. Northman è uno dei personaggi più amati della serie, sembra una rockstar e fa delle cose pazzesche, come strappare cuori a mani nude dal petto delle persone. Quanto è divertente recitarlo?
E’ molto divertente! Sono già cinque anni che lo interpreto ma mi godo ancora ogni momento del personaggio. Cinque anni fa, quando ho letto per la prima volta lo script, stavo facendo un’altra serie, “Generation Kill”, sempre della HBO, che è un prodotto molto diverso da “True Blood”, in cui tutto è estremamente realistico, girato con uno stile quasi da documentario, non ci sono colpi di scena o colonna sonora. Volevo quindi che il mio progetto successivo fosse qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo, qualcosa che fosse una sfida da cui imparare. Quando ero nel deserto a girare “Generation Kill” e ho letto il copione di “True Blood” ho detto: ecco! Questo è quello che cerco.
La serie è così folle, così sopra le righe, il personaggio così particolare e complesso, che l’ho amato subito: viene presentato prima come un cattivo ma poi rivela una certa profondità, in fondo è anche vulnerabile e questo mi è piaciuto molto di lui. Sto ancora scoprendo molte cose di lui, per questo è così interessante continuare ad interpretarlo. E poi certo, tutte quelle cose come strappare cuori, volare, fare a brandelli le persone sono fantastiche. Amo fare queste cose (ride)!
Eric è uno dei personaggi che si evoluto di più nel corso delle diverse stagioni. Cosa ci aspetta nella quinta stagione?
Verrà introdotta fin dalla prima puntata una nuova figura, la sorella di Eric, Nora. Questo è molto bello perché non sono molti quelli ai quali lui è interessato. Eric e Bill (Stephen Moyer) vengono arrestati dall’Autorità che governa il mondo dei vampiri, si alleano per fuggire alla prigionia con all’aiuto di Nora, resa vampiro 600 anni fa come lui da Godric.
Il tuo personaggio ha una forte carica erotica, e le scene di nudo non sono una rarità. Ti senti in imbarazzo a recitarle?
No. Non sono affatto imbarazzato a girare nudo, a patto che le scene siano pertinenti in una storia: in tal caso non mi pesa, sia che reciti a teatro che in una fiction.
Oltre a recitare per la televisione la guardi anche? C’è qualche serie che ami?
Sono stato fortunato perché sono un grande fan di “The Wire” e ho avuto la possibilità di lavorare con gli autori che sono gli stessi che hanno realizzato anche “Generation Kill”. Penso che “Six Feet Under” sia favoloso ed è un prodotto di Alan Ball con cui poi ho lavorato in “True Blood”. Sono stato molto fortunato a lavorare con i creatori delle serie di cui son fan. Mi piace molto anche “Deadwood”.
E le commedie le guardi?
Guardo “The Colbert Report”, è il mio preferito. E’ uno show di satira politica, è simile a “The Daily Show” di Jon Stewart, ha lo stesso stile.
Qualche anno fa dichiarasti che i registi svedesi sono dei codardi. La pensi ancora così o hai cambiato parere?
Sì, il clima nel cinema svedese dieci anni fa era diverso da come è ora. Ci sono stati un paio d’ anni in cui non usciva niente di nuovo, le stesse persone facevano sempre lo stesso tipo di film, questo è il motivo principale per cui prima ho diretto il cortometraggio “To kill a child” e poi sono andato a lavorare negli Stati Uniti. Le sceneggiature che mi proponevano in Svezia non mi soddisfacevano e allora ho cambiato ambiente. Ora invece penso che ci siano almeno un paio di registi davvero eccezionali, che lavorano sia in Svezia che a livello internazionale, quindi direi che la situazione è cambiata parecchio. Un paio di anni fa ho fatto un film in Svezia e ne girerò un altro l’anno prossimo: amo tornare a casa e mi piacerebbe lavorare di più in Svezia e in Europa.
Pensi che dirigerai qualcos’altro in futuro?
Penso proprio di sì. Non credo che sia stato un episodio isolato, mi sono davvero divertito e vorrei rifarlo.
Nel tuo curriculum c’è un ruolo divertentissimo in “Zoolander”, ma dopo hai interpretato sempre personaggi molto seri e drammatici, è una tua scelta?
Per qualche strana ragione mi affidano sempre ruoli drammatici. L’anno scorso ho girato tre film, uno è un po’ più leggero, “What Masie Knew”, ma “Disconnect” e “The East” sono entrambi molto pesanti e ho appena finito le riprese di un film con un’ambientazione post-apocalittica girato quasi tutto dentro a un rifugio antiatomico. Quando sono uscito da quel set, una settimana fa, il mio primo pensiero è stato per favore, il prossimo film deve essere una commedia come quelle di Will Ferrel! Mi piacerebbe fare qualcosa di leggero e divertente, magari ambientato alle Hawaii (ride)!
Qualche anno fa hai lasciato la facoltà di architettura per dedicarti alla recitazione…
In realtà ho lasciato la recitazione a tredici anni, ho cominciato a recitare da bambino e poi per alcuni anni ho smesso. In quegli anni, come molti teenagers, stavo cercando di capire che cosa volessi fare. Mi piaceva architettura, ma non l’ho mai studiata. Era quello che avrei voluto fare se non avessi più fatto l’attore. Ma poi l’amore per la recitazione è stato più forte.
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