All’interno delle sezioni presenti allo Skepto film Fest, Skeptyricon è sicuramente una delle più interessanti, in quanto contenitore prezioso per i più esigenti fruitori di anomalie cinematografiche.
Tra le varie proposte, una in particolare ha attirato la nostra attenzione. Si tratta di Chigger Ale della misteriosa regista etiope Fanta Ananas, definita “la Quentin Tarantino etiope”. Questo corto del 2014 sta ottenendo un buon riscontro nei festival anche qui in Italia, tanto da ricevere la menzione speciale della giuria al Milano Film Festival e al C-FEM (Cine Fantástico Europeo de Murcia).
La trama è delirante: c’è un nano vestito da Hitler, ci sono astanti di un bar che lo deridono, dvd pirata di Beyonce e alla fine una navicella spaziale a proiettare il tutto in una dimensione ancora più surreale.
Incuriositi, abbiamo contattato il produttore di questo folle lavoro, Miguel Llansó, a capo della Lanzaderafilms, e a sua volta regista. Nato in Spagna, ha girato principalmente in Etiopia dove ha vissuto per circa tre anni. Nel 2010 ha realizzato e distribuito il film Where is my dog? (2010, co- regia Yohannes Feleke).
Ha scritto e prodotto il cortometraggio The Hidden Smile (Nanouk Films, 2011), selezionato al Sundance 2012.
L’ultimo suo lavoro è invece l’interessante” Crumbs” , presentato in anteprima al Festival Internazionale del Cinema di Rotterdam.
Evidente nelle due opere Crumbs e Chigger Ale, è l’effetto comico suscitato dalla trasfigurazione dell’iconografia nazista, nel primo caso trasportato in un ambiente incoerente e inospitale come i paesaggi di stampo post-apocalittico, e nel secondo in altrettanti ambienti anomali come le taverne etiopi e le sale da bowling. Sembrano suggerirci: Hitler, divenuto un icona e quindi privato del suo senso storico, ha finito per perdere la sua valenza più profonda di incarnazione del male.
Questi due titoli appaiono ai nostri occhi come riflessioni del modo in cui la globalizzazione sta cambiando le cose ad Addis Abeba , che ha ormai totalmente assorbito i peggiori aspetti del l’Occidente: cultura pop, Beyoncé, pornografia. E così la conversazione che segue si è spinta oltre finendo per diventare una piccola e assolutamente parziale introduzione alla cosidetta “Ethiowood”, la scena cinematografica etiope.
Raccontaci della scena del cinema indipendente in Etiopia
In Etiopia sta emergendo una piccola industria del cinema. Nel 2005, grazie all’avvento delle macchine digitali, dei software di editing e della volontà dei primi cineasti si è iniziato a fare film con la distribuzione nelle sale e la proiezione di DVD. In generale, si tratta di progetti con piccoli gruppi. Nonostante questo spirito “fai da te”, non si potrebbe parlare di un cinema d’autore, in quanto in generale non vi è una marcata volontà artistica, né creativa, né trasgressiva .
La tua casa di produzione – Lanzaderafilms – è piuttosto attiva, ci puoi parlare di alcune produzioni?
Lanzadera Films è una piattaforma finalizzata a produrre e distribuire i miei progetti o quelli dei miei amici più stretti e che ammiro, come alcuni cortometraggi di Eric Uguet de Resayre. Per quanto mi è possibile, mi piace sostenere progetti di cinema estero, poetici, filosofici, o che ti trasportino nelle dimensioni esotiche della realtà.
Come nasce la collaborazione con la misteriosa regista Fanta Ananas autrice del corto “Chigger Ale”? Anche girovagando sulla rete le notizie son davvero poche. Ci puoi parlare del suo lavoro, della genesi di questo corto e delle motivazioni che ti hanno spinto a produrlo?
Conoscevamo Fanta Ananas per i suoi video musicali “allucinogeni” che ha realizzato per GG Mike (Rastadoom). Un giorno, ci ha invitato alla prima di un film che aveva contribuito a produrre: “Samrawi 2″. Il film è stato sorprendentemente divertente, anche se è stato girato in un modo molto povero: telecamera a buon mercato e attori terribili, ma abbastanza divertente stile Ethio-wood.
Così le abbiamo dato i soldi per la produzione di “Chigger Ale” senza leggere prima la sceneggiatura. Era verso la fine di gennaio 2013, quando Fanta ci ha portato il primo cut. Eravamo molto impegnati in quel momento e così abbiamo chiesto a Yohannes Feleke – responsabile della promozione – di dare un’occhiata al cortometraggio e darle l’ “Ok”. Ci ha chiamato completamente fuori controllo: “Dovete vederlo!”. Era davvero spaventato. E così di notte lo abbiamo guardato a casa. Il risultato è stato indescrivibile. Non c’era niente della storia originale. Niente. Il film non aveva alcun senso. E ‘stato la peggiore merda che abbiamo mai visto nella nostra vita. Abbiamo chiamato subito Fanta. Lei era nel nord del paese, stava girando uno spot promozionale per una Chiesa Pentecostale. La ricezione del telefono faceva schifo. Stavamo urlando per capirci a vicenda . Intorno c’era una tempesta. Ci sembrava di sentire in amarico: “Oh, Dálmatos! This world globalized with debris!”. Cosa significa? Era la chiave per la comprensione del film? Stava pregando? Stava parlando con qualcun altro? No fucking idea.
L’attore Daniel Tadesse, è il protagonista di “Chigger Ale” e di “Crumbs” (il tuo ultimo lavoro di cui parleremo tra poco), come è nato questo sodalizio?
Ho scoperto Daniel Tadesse nel primo film del mio amico produttore Yohannes Feleke e poi lo incontrai di persona durante lo spettacolo “Bodas de Sangre”, di Garcia Lorca, al Teatro Nazionale dell’Etiopia. E’ stato divertente vedere come il pubblico rideva della tragica passione di Lorca attraverso l’esibizione di Daniel. Lavorando con lui mi ha colpito la sua professionalità e, soprattutto, il desiderio di raggiungere e superare qualsiasi limite.
Nel sito della Lanzadera films voi concepite i film come “pezzi d ‘arte che cambiano ogni cosa intorno sé, aprendo orizzonti inaspettati e imprevedibili”. In che modo lavorate per raggiungere questo obiettivo artistico?
Mi piacerebbe che i film, come ogni opera d’arte, fossero profondamente radicati alla vita e alle esperienze personali. Al di là di semplice intrattenimento, voglio che il cinema faccia riflettere, emozionare e ci mostri la situazione reale , la realtà. Fare cinema è per me un’azione etica ed estetica. Per questo, i registi e il pubblico devono condividere e costruire una scena propria, che va oltre il mero consumo. Una comunità in cui si può discutere, pensare e agire. I cine-club, e i festival sono i luoghi più favorevoli per iniziare questa coesistenza.
Ora passiamo ai tuoi lavori da regista : “Crumbs” viene presentato come “Ethiopia’s first post-apocalyptic sci-fi movie”, ma sono presenti anche altre influenze, il cinema di Jodorowsky , elementi grotteschi, surreali…
Al di là di essere una pellicola di genere – fantascienza – Crumbs è un film d’autore. Mi sento a mio agio nel campo della tragicommedia e del grottesco, perché penso che il mondo intorno a me sia fondamentalmente così. Preferisco ridere che piangere, ma è un risata critica, una risata della sopravvivenza e della comprensione, che crea fratellanza. Crumbs parla di devastazione personale e della assurdità a cui porta la società dei consumi.
Pensi che la contaminazione di generi differenti sia una delle caratteristiche principali di questo fenomeno meglio noto come “Ethiowood”?
Quando sono in Etiopia, cerco di vedere i film prodotti lì e di informarmi sulle ultime produzioni. Da quel che io so predominano la commedia e il dramma. Altri generi come l’horror, il thriller,il musical, il western, la fantascienza o il fantastico sono marginali o inesistenti. Credo che i registi che vivono in Etiopia – con alcune eccezioni – hanno avuto uno scarso accesso alla storia del cinema e alle storie nate dalla letteratura urbana, conoscono i paradossi della modernizzazione e i rifiuti provenienti da Hollywood o dai paesi arabi attraverso riviste, qualche film e programmi televisivi. Ma sarebbe meglio rivolgere questa domanda alle centinaia di registi che vivono oggi in Etiopia. Ogni esperienza sarà diversa e sicuramente molto interessante.
Riservi una grande attenzione anche al sonoro; le musiche di “Crumbs” sono affidate ad “Atomizador”, musicista che alterna performance in ambienti noise a performance con l’ukulele, in qualche modo vicine all’ironia demenziale di Eugene Chadbourne. In un altro tuo lavoro dal titolo “Perro Liquen “, diretto insieme a Eric Uguet de Resayre, inserisci musiche di Pharoah Sanders e Albert Ayler. Come affronti il rapporto musica/immagini?
Sono ormai molti anni che suono la batteria. Ho un gruppo con il mio amico Jose “Atomizador” che si chiama “Extinción de los Insectos”. Penso che la nostra musica abbia sempre espresso l’atteggiamento essenziale di cui parlavo prima: forza, energia, velocità, luce, gioia e una certa aggressività, componenti essenziali della tragicommedia e del grottesco. Per me questo è uno spirito creativo e lucido che può trovarsi in molti luoghi; nei registi mediterranei come Buñuel, Pasolini, Fellini o Leone, nel free jazz americano degli anni ’60, nella letteratura Beat, nella fantascienza che cerca di pensare il mondo di oggi, nella filosofia di Eraclito o in Nietzsche, per esempio, o nella convivenza nel mondo della musica hardcore punk.
Vedo una profonda unità tra il cinema e la musica che voglio fare: l’espressione di questo sentimento vitale. Sarebbe falso affermare che ho fatto un film di genere per intrattenere la gente, se questi film non porteranno fino al “sentimento”.
Progetti futuri?
Anni fa ho iniziato la ricerca sull’ambiente culturale di Addis Abeba negli anni ’60 e ’70, che ha portato alla rivoluzione che rovesciò l’imperatore Haile Selassie. La storia è affascinante e mi ispira per farne un’ opera di finzione . Sto scrivendo una sceneggiatura riguardo a degli hippies etiopi, sulla Rivoluzione Culturale e su dei programmi spaziali segreti dell’imperatore. In un film non tutto deve essere verità o storia. Sarà una riflessione su questo periodo con inclusi veicoli spaziali e il tutto confezionato da una musica vibrante. L’età dell’oro! Questo sarà il mio prossimo progetto …
Giacomo Salis