Magazine Diario personale

Skid Row

Da Bangorn @MarcoBangoSiena

In quelli che si usa definire i bei tempi andati (ci sarebbe da aprire una parentesi e un discorso su questa definizione, magari lo farò), molte copertine di riviste del settore rock/metal, da Rock Power – scomparsa da quello che so – o Metal Hammer, tanto per citarne due che acquistavo, ritraevano gli Skid Row, band del New Jersey esplosa in quegli anni. Scoperti e motivati da Bon Jovi, erano però ben diversi dal loro Cicerone, avendo qualche tonalità più dura e rivolgendosi per questo a un pubblico leggermente diverso. I ragazzi apprezzavano le chitarre rudi, gli atteggiamenti da bad boys e la voce cattiva di Sebastian Bach, mentre le ragazze apprezzavano le grazie di quest’ultimo.

I tempi in cui erano in forma e Sebastian faceva la bambolina

I tempi in cui erano in forma e Sebastian faceva la bambolina

Dalle ballads ai pezzi più duri, gli Skid Row non scadevano mai nel banale rimanendo sempre interessanti, scostandosi dalle sonorità glam che influenzavano ancora un po’ la scena, o da quel pop che si mascherava da hard rock, come nel caso del sopracitato Bon Jovi. Eppure non divennero mai leggendari e non saltarono mai quella soglia di altre band come Guns n’ Roses, scomparendo a poco a poco dalla scena, forse a causa anche di un album non proprio riuscito come Subhuman Race.

Gli anni passano ma anche senza band, rimane nella scena musicale

Gli anni passano ma anche senza band, rimane nella scena musicale

Peccato davvero, perché i due precedenti, Skid Row e Slave to the Grind sono album sopra la media e che si ascoltano ancora oggi senza trovarli invecchiati. Personalmente, li ho persi di vista ai tempi di Subhuman Race e non sapevo fino a pochi giorni fa, che avessero tentato di ricominciare una carriera, sostituendo il cantante Sebastian Bach con un altro. E si sa in molti casi come vadano a finire queste cose.


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