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Sky chiede di ripensare il format della Serie A con 18 o 16 club

Creato il 05 agosto 2014 da Digitalsat

Sky chiede di ripensare il format della Serie A con 18 o 16 club«Format dei campionati da ripensare». È l'opinione dell'emittente satellitare Sky, come si evince da un documento confidenziale 'Il Calcio in Italia: Metafora del Sistema Paese', in possesso dell'Adnkronos.

«Anche il format proposto dalle Leghe per i campionati italiani può essere ripensato. La formula a venti squadre si dimostra sempre meno adeguata ad un contesto economico, sociale e sportivo profondamente mutato rispetto al passato: appare evidente dall'analisi dei risultati sportivi, dal progressivo ridursi della capacità competitiva e dei bacini d'utenza delle squadre minori, e dall'interesse stesso che il campionato genera oggi nel pubblico, oltre che dai risultati al botteghino e di share televisivo».

Passare ad un campionato con 18 o 16 squadre servirebbe all'intero sistema. «Un format più efficiente può incrementare la spettacolarità dei campionati, riducendo il gap tra le squadre in competizione e aumentando l'equilibrio delle partite. Va dunque sostenuta la soluzione, anche recentemente prospettata, di una riduzione (a 18, o addirittura a 16) del numero delle squadre nella Serie A (e di un conseguente ridimensionamento della Serie B e della Lega Pro) che ridurrebbe il numero di partite a scarsissimo appeal con maggior rischio di combine -si legge nel documento che l'Adnkronos ha potuto visionare-. Ulteriori interventi, come la valorizzazione dei meccanismi di playoff e playout, possono incrementare l'interesse nel campionato nella conclusione delle stagioni, mantenendo alta l'attenzione del pubblico nelle fasi in cui, spesso, i giochi sono ormai fatti».

Grande attenzione va poi posta su «vivai e settori giovanili poco valorizzati». «Le aziende italiane investono solo risorse minime in ricerca e sviluppo, riducendo la propria competitività sui mercati internazionali. Non sono da meno le società sportive, che puntano sullo sviluppo dei propri vivai e dei settori giovanili in misura del tutto marginale. Appare sempre più necessario invertire questo trend, destinando adeguate risorse non solo finanziarie, per favorire l'incremento della quota di giocatori »endogeni«, cresciuti all'interno delle società sportive, oggi ai minimi storici (appena l'8,4% delle rose), con un minutaggio in campo dei calciatori italiani in Serie A sceso addirittura al 43% nell'ultimo campionato».

«Per converso, la Germania, che a partire dalla disfatta agli Europei del 2004 ha destinato importanti risorse al potenziamento dei vivai (oggi vi lavorano 1300 istruttori), è stata in grado di portare le proprie squadre di club ai vertici europei: nella finale di CL della stagione scorsa, tra Bayern Monaco e Borussia Dortmund, tutti i giocatori tedeschi che l'hanno disputata sono stati prodotti dai centri giovanili federali. L'apoteosi si è raggiunta con la conquista del titolo mondiale in Brasile, dove la Germania ha trionfato con merito grazie ad una squadra giovane (25 anni l'età media) frutto di un progetto decennale. »
Non va dimenticato il problema della violenza. «Molte società hanno legami pericolosi con la malavita organizzata o, semplicemente, con frange di ultrà violenti. Il problema della violenza del calcio italiano è stato affrontato da sempre nell'ottica dell'ordine pubblico, la tutela del quale non è riuscita ad evitare accoltellamenti dentro e fuori gli stadi, diventati sempre più luoghi desolanti e pericolosi, impraticabili per le famiglie e per i tifosi «light». Come insegna il caso degli hooligans inglesi negli anni '80, -prosegue il documento- i primi controllori della violenza devono essere le società, quanto meno come contropartita dei milioni di euro spesi ogni domenica per un servizio di ordine pubblico, che comunque ha necessità di essere espletato in maniera efficiente e garantire il rispetto delle norme vigenti. Da questo punto di vista lo stadio di proprietà è un tassello importante perché permette un maggiore controllo da parte delle società su chi può accedere all'evento. »

Il capitolo delle infrastrutture è di fondamentale importanza per l'intero sistema. «Se lo stadio è 'la casa' di ciascun team, oggi questa abitazione è, nella maggior parte dei casi, paragonabile ad una pensione a due stelle: scomoda, talvolta diroccata, di proprietà di terzi poco interessati alla sua valorizzazione, inadeguata alle esigenze del pubblico e delle società, scarsamente sicura. La maggior parte degli impianti sportivi risale ai mondiali di Italia '90: stadi costruiti con criteri lontani da quelli ottimali». «Una nuova generazione di impianti sportivi, progettati e realizzati sulla base di strategie di sviluppo del proprio business da parte delle squadre, è dunque indispensabile per tornare ad avvicinare il calcio ai propri tifosi, riportando le famiglie sugli spalti e allontanando invece le frange più estreme del tifo dallo spettacolo che il calcio può offrire». Ma la costruzione di nuovi impianti »non può essere considerata come la soluzione taumaturgica di tutti i mali. Lo sviluppo di nuove infrastrutture, semmai, potrebbe rappresentare il punto di arrivo di un processo di risanamento più ampio, più che il punto di partenza, o al massimo, procedere di pari passo con esso. »

Sky chiede di ripensare il format della Serie A con 18 o 16 club


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