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Sky, Corte Ue verso rinvio a Tar giudizio su affollamento pubblicità (Reuters)

Creato il 16 maggio 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano
Sky, Corte Ue verso rinvio a Tar giudizio su affollamento pubblicità (Reuters) Se sia nata per favorire Mediaset o i consumatori. Questo dovrà decidere il Tar del Lazio per valutare se la legge italiana sull'affollamento pubblicitario sia compatibile o meno con la direttiva comunitaria, secondo l'avvocato generale della Corte di giustizia Ue, coinvolta dal Tar sul ricorso portato avanti da Sky Italia.
L'avvocato generale Juliane Kokott sostiene infatti che spetti al giudice nazionale "verificare quale di questi due obiettivi sia perseguito dalla normativa interna e, nel caso in cui lo siano entrambi, quale dei due sia preponderante". Benché non scontato perché formalmente indipendente, la Corte di giustizia europea solitamente fa proprie le posizioni degli avvocati generali, chiamati a presentare pareri motivati sulle cause sottoposte al giudizio della Corte. La sentenza verrà pronunciata prossimamente.
La vicenda risale al 2011, quando Sky venne multata per aver superato il tetto del 14% di pubblicità l'ora imposto da una norma varata dal governo Berlusconi che prevede invece una soglia del 18% per le emittenti private in chiaro. Oggi, a regime, la legge prevede che le pay Tv (quindi anche Mediaset Premium) debbano rispettare un tetto del 12%. Anche la Rai, per via del canone, ha un tetto al 12%.
La pay-Tv ha impugnato la delibera dinanzi al Tar del Lazio, eccependo in particolare l'incompatibilità della normativa italiana con il diritto dell'Unione, che prevede un limite di affollamento orario del 20%. Nel procedimento principale è intervenuta anche la controllata di Mediaset Rti.
L'avvocato generale ritiene che siano legittime norme nazionali più restrittive di quella comunitaria e mette in luce come la questione dirimente sia la finalità del decreto legislativo 177/2005 (poi assorbito nel decreto Romani del 2010): "da una parte, la tutela dei consumatori e, dall'altra, un miglior trattamento (forse intenzionale) delle emittenti televisive private in chiaro rispetto alle emittenti a pagamento", dice una nota per la stampa.
La legge sarebbe pertanto incompatibile con il principio generale di parità di trattamento e con l'articolo 56 TFUE, "nella misura in cui persegua lo scopo di garantire maggiori entrate pubblicitarie a emittenti televisive in chiaro, benché queste non soffrano di alcuno svantaggio concorrenziale evidente"; compatibile invece "nella misura in cui persegua in modo proporzionato lo scopo di tutelare i telespettatori, in quanto consumatori, contro una pubblicità televisiva eccessivamente gravosa".

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