Slavic do Art better

Creato il 20 gennaio 2011 da Geometriefluideblog

Alfons Mucha. Vetrata. 1930. Praga, Catterdale di San Vito.

Da qualche anno a questa parte, mi capita di seguire e riconoscere a colpo d’occhio delle opere provenienti dalla grande Madre Russia o dall’Europa dell’est in genere.
In realtà, ciò dipende essenzialmente da un particolare stile raffigurativo, utilizzo del colore e, soprattutto, della luce, che i russi [slavi in generale] possiedono.
Sembra quasi che le figure e le forme siano totalmente scolpite nella luce, quella luce limpida ed intensa delle terre del Nord, quella luce preziosa, cristallina, di cui gli edifici si nutrono per restituirla al paesaggio circostante o per farla circolare al proprio interno come tiepida linfa.
Questa attenzione per la luce, infatti, la si riscontra anche negli edifici pubblici.
A Varsavia, ad esempio, spesso ci si trova immersi in “mostri” architettonici composti di acciaio e vetro, materiali brillanti e leggeri alla vista che permettono alla luce di investire tutto l’ambiente interno e di riflettersi al contempo sulla superficie, dando luce all’esterno. Sono particolari fugaci, ma che colpiscono un occhio attento ed interessato all’impatto visivo e urbanistico delle strutture architettoniche.
Ed è effettivamente il vetro che sembra filtrare le pulsioni “luminose” dell’arte slava. Il cristallo, anzi.
Lo si vede dai dipinti di Leonid Afremov, che paiono giochi di luce caleidoscopici e bagnati dalle calde tinte della pioggia serale, come una lente bagnata da gocce di pioggia, lo si ammira nelle opere lucenti e terse di Viktor Shvaiko, le quali aprono il cuore su ridenti finestre italiane e in altre disparate opere presenti al museo Nazionale, Narodowe, di Varsavia: opere atmosferiche, sezioni, frammenti di paesaggio dominati da grandi nubi di luce che pervadono gli scenari. Lo sgomento, il sublime, la meraviglia. Questo ciò che si prova innanzi a tali capolavori spesso troppo sottovalutati dal panorama artistico di ieri e di oggi.
Luce, luce e luce, analisi della luce e precisione fiamminga nel trattamento delle figure, che si fanno delicate, sottili, cariche di umanità e di calore [spirito, per altro, proprio di queste etnie], ed anche in un rinomatissimo artista Liberty, Alfons Maria Mucha, allo studio-museo a lui dedicato a Praga, è possibile osservare in una tela ben precisa, Winter Night, questa attenzione alla luce seppure l’ambientazione del dipinto sia notturna.
E ancora vetro riscontriamo nelle opere di Andrei Protsouk, un vetro che, stavolta, si identifica con le forme acuminate delle figure, quasi taglienti, ma alle quali non manca affatto il calore sopracitato.
Fa pensare, tutto ciò, anche alla famosissima Tamara de Lempicka, alle sue cubiche donne dagli occhi di vetro, da cui, probabilmente, il Protsouk trae ispirazione.
Luce e calore.
E che dire del Surreale? Delle forme adottate dal genio paranoico e caliente di Dalì e convertite alla disinteressata e confortante ortodossia delle terre dell’Est?
Anche qui: tratti simili, figurazioni che hanno in comune uno stesso tipo di tensione/espressione che si apre agli azzurri e ai verdi, agli scenari onirici quasi mai sconvolti da torbidi pensieri. Vedasi Vladimir Kush o anche Tomek Setowski. Ma nel Surreale avviene una fondamentale trasformazione: il vetro si fa acqua, le forme divengono fluide e la luce con esse.
E se parlassimo di ghiaccio, piuttosto che di vetro? Ghiaccio che si scioglie, diviene acqua per intercessione del calore solare, rassicurante e mai totalizzante che, però, non trasforma in vapore?
È interessante considerare questa metafora come processo di creazione ed identificazione dell’arte proveniente da esponenti di una stessa etnia, etnia piuttosto vasta e variegata, per altro.
Ed è altrettanto affascinante, osservare e riconoscere la magia delle melodie di Tchaikovskij, nelle tele e nelle strade delle terre slave.
Con un caratteristica ulteriore. Ricordate «Il maestro e Margherita» di Michail Bulgakov? La sua atmosfera a metà fra il magico ed il circense? I personaggi bizzarri, surreali, “appuntiti” di Azazello e Woland? Bene, vi lascio allora con un’osservazione da condividere: Volodia Popov.

Alessia Hilary Valastro
16.01.2011

Sitografia:

http://www.viktorshvaiko.com/

http://www.mnw.art.pl/index.php/en/

http://www.andreiart.com/home.html

http://www.afremov.com/

http://www.vladimirkush.com/home.php

http://www.setowski.com/

http://www.volodia.com/



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