Spesa ordinaria, le politiche comunitarie e lo sviluppo. A che punto siamo?
Pizzo 12 luglio 2012, ore 17.00 – Museo della Tonnara
1. A che punto siamo? A che punto è la Calabria? E’ tempo di interrogativi. La grande depressione post-2007 pone domande ineludibili. Innanzitutto sulla sua durata. Quando usciremo dal tunnel buio della crisi? Possiamo accelerare la fuoriuscita? Ce la farà la Calabria ad invertire la tendenza al declino? Avrà la forza per riprendersi? Ha classi dirigenti adeguate per fronteggiare la devastante crisi economica, sociale e morale? Come saremo domani nel dopo crisi? C’è qualcuno che si preoccupa del futuro dei bambini e dei giovani calabresi? E dei poveri, dei senza reddito, dei disoccupati di lunga durata, dei disabili, degli ammalati cronici? C’è qualcuno che si occupa dei cittadini comuni, degli invisibili? Dei pendolari, degli studenti, degli anziani, dei maestri, dei ricercatori, dei consumatori? Tante domande e molte altre dovremmo porgercene. Domande ben formulate aiutano a scovare soluzioni. Invece siamo accanitamente concentrati sulle risposte. Spesso a domande sbagliate. Come consolidare il nostro potere. Come salvare le nostre piccole tribù familiari, i nostri giullari, il nostro campanile, i nostri beni privati.
2. La Calabria è ammalata. Da tempo soffre un deficit acuto di classi dirigenti. Di gruppi e ceti politici e professionali con lo sguardo lungo, attenti ai beni pubblici e al benessere collettivo, agli interessi dei calabresi. La Calabria è affetta dalla febbre del particolarismo, del trasformismo, del clientelismo, del collusivismo con malaffare e ‘ndrangheta dei suoi gruppi dirigenti, politici e non. Domina l’offerta di relazioni e di regolazione particolaristici. Che sfarina trame civili e distrugge capitale sociale. Un piano inclinato che non trova antidoti adeguati. Prevale la rassegnazione, il disimpegno, l’omologazione, il “così fan tutti”. La Calabria rischia la deriva per abbandono.
3. Si può assistere impotenti alla disgregazione silenziosa di una comunità? Si può girare la faccia dall’altro lato per non vedere e sentire? Chi ha interesse ad aiutarci se i calabresi non iniziano a sollevarsi dal fango? Altre domande e altre ancora potrebbero aggiungersene.
4. SlegalaCalabria, un piccolo movimento civile, prova ad interrogarsi. A cercare le domande giuste. Senza pretese e certezze di riuscirci. L’importante è non stancarsi di interrogarsi, di riprovare a formulare altre domande. Non stancarsi di trovare ragioni per reagire, per alzare la marea, per convincersi che vale la pena riprovarci, per non abbandonare il campo.
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5. Nella discussione del 12 luglio a Pizzo proviamo ad interrogarci sulle politiche e i fondi comunitari. Sono fondi importanti, cospicui. Non soltanto sotto l’aspetto quantitativo. Sono importanti perché sono gli unici fondi per la crescita civile ed economica. Le risorse ordinarie sono ormai da anni ossificati in capitoli di bilancio inelastici, incomprimibili. L’unica vera manovra possibile è dunque sui fondi comunitari. L’Europa è importante anche perché ci costringe a programmare e spendere seguendo processi trasparenti, partecipati, monitorabili e valutabili. Perché ci obbliga a pensare agli esiti ultimi degli investimenti, cioè al benessere dei cittadini, alla cura della natura e degli uomini. E’ importante perché le buone pratiche apprese con il metodo comunitario possono essere trasferite e applicate nella spesa e nelle azioni ordinarie. Cambiare la spesa ordinaria è il vero problema, soprattutto per la Calabria. E’ l’ordinario la vera patologia della nostra regione.
6. La Calabria a suo tempo si è dotata di un buon programma comunitario, di un apprezzato Por. Un inizio promettente è importante perché infonde fiducia e traccia un percorso condiviso. Tuttavia col passare del tempo quel buon programma è stato via via sbiadito con provvedimenti e applicazioni che andavano in direzione opposta a quella iniziale. Sono stati emessi bandi opachi ai più e noti solo agli amici, riprogrammati finanziamenti per depotenziare interventi innovativi, sottratto risorse alla scuola e alla ricerca per dirottarli verso bandi di finanziamento a pioggia di imprese di dubbia efficace. Senza trascurare che col passare del tempo si sono accumulati ritardi intollerabili negli impegni e nelle erogazioni, come se la Calabria fosse al riparo della crisi e che le risorse non fossero essenziali per alleviare la vulnerabilità sociale, stimolare la crescita imprenditoriale e occupazionale, migliorare la qualità dei servizi pubblici essenziali. Nel frattempo, provvedimenti sciagurati del governo Berlusconi hanno tagliato di colpo la gamba dei cofinanziamenti nazionali (i cosiddetti Fas), per cui quel buon programma è stato ulteriormente azzoppato. Nel frattempo ancora, la rozza applicazione a livello regionale della tecnica dello spoil system ha destrutturato assetti organizzativi e competenze pregresse, sguarnendo la Regione di saperi e capacità sofisticate accumulate nel tempo. Un accanimento irresponsabile, centrale e regionale, a distruggere e smontare il buon programma.
7. Perché? A chi giova tutto ciò? Che fine ha fatto quel buon programma? A che punto è la spesa? Che benefici sociali ed economici ha indotto la spesa comunitaria? Domande e domande. L’incontro di Pizzo servirà a porre domande. Possibilmente a formulare le domande giuste.