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Da Povna @povna
Sono partiti in spicciolata rapida - dopo l'ultimo pic-nic nel giardino di Eddy - non senza avere prima scommesso, come da tradizione, su se stessi, nella loro straordinaria capacità di costruire, sempre, rituale su rituale. E la 'povna - che pure è riuscita a ritagliarsi all'ultimo momento una coda moderatamente folle e alcoolica con Nero e con la Chiquitita - dopo avere attraversato (con i soliti tre cambi) la provincia più bella del mondo in tutta la sua considerevole lunghezza, nel tramonto - come è, come non è, si è ritrovata tristemente a casa.
Lì ha dovuto sostenere, valorosa, l'assalto di pensieri impertinenti, come sempre quando si trova a riprendere coscienza dei maledetti 300 km, dei treni folli, della mancanza del teletrasporto e di quanto i due mondi (che pure ha scelto e che continua a scegliere) possano essere ricchezza, ma anche restrizione.
Dalla loro settimana di armonia, privilegio, e consapevole bellezza hanno riportato, tutti quanti, molte immagini. E mentre la 'povna le guarda e le riguarda, nella mente le turbina, in ordine sparso, la sua personale variante di slideshow.
Un arrivo convulso, ma nemmeno poi troppo, quattro volti all'angolo della chiesa a righe. 
Un giardino al tramonto, due cani, molti gatti, risa di bambina in piscina.
Oompa Loompa alla riscossa (rigorosamente a piedi nudi).
Sugar sugar e la sora Lella: un telefono, un matrimonio, un bouquet.
"Non parto, non resto" e un po' di Metastasio (ma con sorpresa finale).
A tentoni nel buio, fino a raggiungere la cuccia: il mirabile incastro della condivisione perfetta, nonostante le diversità di fuso orario.
Come quando fuori piove: conto, non conto, riconto e anarchia.
Ancora nel tramonto: forme e geografia.
E fu sera e fu mattina, prima che il gallo canti (e l'alba che incalza da sotto il battiscopa).
Un tavolo lungo per una colazione lunghissima: parole, racconti, telepatia.
Un brindisi di consapevole arroganza, al privilegio di condividere, per scelta, la loro comunità affettiva di eccezione.
Un giardino nel buio, sopra sedie scomodissime: un rituale ritorna, qualcuno scavalla la soglia.
Sceneggiatore, chapeau.


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