
Da un po’ di tempo a questa parte si respira aria pesante nell’osteria di Brunin. Adelmo è in cassa integrazione. Nulla di irreparabile; Adelmo è un bravo lavorante. Una di quelle maestranze tanto reclamizzate, che sono il vanto delle industrie. Troverà presto una sistemazione. O forse, per lui, questa cassa integrazione rappresenta solo una status temporaneo: una sorta di ferie prolungate e obbligate. Ma non tutti sono nella sua condizione. Ciononostante, Adelmo, è scoraggiato. C’è crisi. Il suo (e il nostro) pensiero va alle generazioni più giovani. Brunin lo coccola a forza di bruschette e focacce calde. Passerà. Certo che passerà.
Ma il punto è un altro. Se un gruppo dirigente di una grande impresa colleziona sconfitte che cosa suggeriscono le famose regole di mercato e che cosa impone la cosiddetta “etica del capitalismo”? Di licenziare operai, oppure di attingere agli ammortizzatori sociali, andando a pietire da chi stringe i cordoni della borsa nazionale. Magari portando come “argomento forte”, le famiglie senza un’entrata. Non è un criterio molto fantasioso. Già visto. Già sentito. Già provato sulla pelle di migliaia di famiglie, soprattutto in questo periodo. E le aziende – meglio se grandi e con un grande debito – sono le uniche navi al mondo in cui il capitano non affonda mai assieme alla ciurma. Se è vero, come è vero, che gli uomini, nel mosaico aziendale, altro non sono che tessere di un inestricabile mosaico, perchè mai non dovrebbero esserle – e forse a maggior ragione – dirigenti, manager e membri del Cda?
Non ho notizia di manager che si autolicenziano. Pensate che bella e storica figura farebbero i dirigenti se, un bel giorno, davanti a tutti i sindacati e a quello che resta della morale pubblica, un capoccia prendesse la parola e facesse un discorso che più o meno potrebbe suonare così: “Gli operai non si toccano: tremila erano e tremila saranno. Ma i tagli ci devono essere e i primi della lista saremo noi dirigenti, veri responsabili della crisi”. Ma la vita non funziona esattamente così. E tra le macerie di tutte le aziende che si stanno sgretolando per mancanza di lungimiranza e per la pochezza di capacità innovative, si sente riecheggiare un volgarissimo slogan di sessantottina memoria: “Come mai, come mai, sempre nel culo agli operai”...