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Davvero un bell'esordio quello di Sydney Sibilia che con un materiale di partenza sicuramente non originalissimo se non addirittura derivativo riesce a costruire una commedia ben riuscita e divertente in bilico tra la denuncia della condizione precaria dei giovani italiani di oggi e i film di puro intrattenimento alla Ocean's eleven (giusto per dirne una). I primi minuti della pellicola catapultano lo spettatore nel giusto mood per affrontare la visione grazie alla musica degli Offspring che cantano assolutamente in tema I won't pay e alle riprese dall'alto di una Roma in procinto di conoscere la next big thing nel campo delle droghe sintetiche.
Università La Sapienza. Pietro (Edoardo Leo) è un ricercatore precario in attesa di rinnovo contrattuale, lavora per un professore che gli sventola sotto il naso il miraggio del tempo indeterminato e che vanta agganci in commissione in virtù di vecchie simpatie politiche, tra l'altro campate per aria. Pietro, sfruttato, costretto a dare ripetizioni a studenti figli di papà che non lo pagano con la scusa della crisi, aspetta. Giulia (Valeria Solarino), ragazza di Pietro che lavora per il recupero dei tossicodipendenti, aspetta e fa pressione. Questo contratto a tempo indeterminato arriva o non arriva? Non arriva. Pietro, varcata da molto la soglia dei trenta, rimane a piedi. Ma chi glielo dice a Giulia? Nessuno. Infatti Pietro mente e, colto da rabbia e disperazione, decide di mettere insieme una banda per produrre e spacciare una nuova sostanza stupefacente usando molecole ancora non vietate dal ministero della salute.
Insieme a lui un gruppo di amici, tutti universitari laureati, dei veri geni ognuno nel proprio campo di specializzazione, tutti umiliati e ridotti ai lavori più generici e sottopagati che la nostra società possa offrire. Un archeologo, due chimici, un antropologo, un economista e due latinisti coi controcoglioni tutti uniti nel folle piano di produrre la nuova droga (legale) e spacciarla ai giovani nelle discoteche (un po' meno legale). Ovviamente la nuova impresa genererà sorprese, introiti e molte complicazioni fino a far innervosire la gente sbagliata. L'inesperienza nel campo farà sì che le cose sfuggano di mano alla banda dei laureati.
Nonostante molti degli episodi più divertenti del film vengano proposti nel trailer, come ormai succede sempre più spesso, la pellicola tiene bene per l'intera durata sia nello sviluppo, comprese le chiusure finali all'apparenza un pochino frettolose ma comunque funzionanti, sia nella freschezza e nel divertimento. Si ride molto, spesso con gusto, per tutto l'arco della vicenda. Sibilia assesta diversi colpi bassi e duri alla società imbruttita che abbiamo in qualche modo contribuito a creare, senza mai far perdere il sorriso allo spettatore, comunque costretto a riflettere sulla deriva del paese.
Tanto di cappello a un cast che funziona davvero bene e che gestisce situazioni spesso grottesche e improbabili con una grande capacità di non andare troppo sopra le righe e senza mai cadere nel macchiettismo. Nonostante alcuni sviluppi portati in un contesto reale risultino appunto improbabili, Edoardo Leo rappresenta in modo credibile il bistrattato d'oggi in cerca di rivalsa con una recitazione in equilibrio pressoché perfetta. E' con grande piacere che ritroviamo una parte del cast di Boris, un sempre più simpatico Sermonti (l'antropologo, forse un po' troppo italiano) insieme a Paolo Calabresi (archeologo) e Valerio Aprea (latinista). Menzione particolare per Stefano Fresi (chimico) e Libero De Rienzo (economista), un pizzico sopra agli altri. E' anche l'occasione per vedere un Neri Marcorè in veste di fetente.
Niente da dire, Smetto quando voglio è stata una piacevole sorpresa per un genere di commedia italiana da sostenere. Speriamo Sibilia non la smetta qui.
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