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Smetto quando voglio

Creato il 02 aprile 2014 da Arpio

smetto-1Il cinema italiano è una bella incognita. Personalmente spesso lo evito, ma non per un fatto snobbistico o esterofilo, semplicemente perché molta roba che viene prodotta qui è abbastanza simile alla cacca, soprattutto quando si parla di “commedia”. Sono un grande amante della commedia italiana degli anni ’50, quella che faceva ridere ma in fondo in fondo dipingeva un ritratto malinconico e disilluso dell’Italia e dei suoi cittadini, quella di Monicelli, di Risi o di Germi. Un genere che lentamente ha virato verso la banalità della commedia sexy all’italiana degli anni ’70, dove si è un po’ persa quella malinconia di fondo, sostituita da procaci attrici dell’epoca che se gli andava male nel cinema avrebbe potuto riciclarsi nei night. Fino alla modernità: un tempo dove la volgarità ha preso il predominio, mentre i registi che “hanno fatto i soldi” non conoscono più la realtà del Paese e non sono più in grado di dipingerlo. Quando, per mia fortuna, ho incontrato e scambiato due parole con Monicelli sulla mia tesi della triennale su L’Armata Brancaleone, mi disse che un tempo registi e sceneggiatori prendevano l’autobus e traevano le loro storie da conversazioni o episodi che captavano per la strada. Fortunatamente non tutta la commedia italiana moderna è da buttare e quest’opera prima di Sydney Sibilia.La storia è quella di Pietro, geniale ricercatore alla Sapienza di Roma con un contratto rinnovato di anno in anno e con pochi spicci, che d’improvviso perde anche quell’unica fonte di sostentamento. L’idea arriva all’improvviso e Pietro decide di creare una “droga” totalmente legale e spacciarla. Per compiere il suo piano si circonda di una banda composta da gente come lui: due fra i migliori latinisti italiani che lavorano in una pompa di benzina, un brillante chimico che lava i piatti in un ristorante cinese, un archeologo che lavora gratis, un’economista che cerca di usare la matematica per vincere a carte e uno dei migliori antropologi italiani eternamente disoccupato.

Il divertimento è tanto, tantissimo, ma senza i classici cliché del cinema italiano moderno e infantile. Le battute, anzi, sono ben studiate arrivando sempre alla risata, spesso sfruttando anche alcuni stereotipo del laureato medio, dipinto come avulso dalla società “di strada” moderna e che quindi spesso batte il muso contro il coattume e l’ignoranza del resto della popolazione. Da un lato le risate dall’altro la denuncia e l’amarezza, mai messi apertamente in evidenza ma sempre sotto gli occhi dello spettatore: oggi come oggi un laureato (soprattutto se umanistico) in Italia non ha via d’uscita. L’antropologo è costretto a spacciarsi per borgataro per ottenere un lavoro, arrivando a dire che prendere la laurea è stato un errore di gioventù. Il ricercatore che conduce uno studio da premio Nobel, invece, vive con uno stipendio da 500 euro al mese finché quella poco fortuna che aveva non lo abbandona. Il chimico vive nella speranza che dopo sei mesi a lavare piatti possa diventare cameriere e prendere 700 euro al mese più le mance. Non c’è via di scampo…per vivere dignitosamente ci si deve arrangiare e ingegnarsi, oppure si emigra all’estero dove la formazione universitaria è considerata un plus e non un minus.

Locandina-smetto-quando-voglio
Non vorrei esagerare con le lodi, ma Smetto quando voglio sembra essere la versione contemporanea de I sogli ignoti: disperati che per poter combinare qualcosa devono diventare criminali, con risultati esilaranti. La pellicola di Sibilia prende, platealmente, spunto da Breaking Bad, ma se Walter White si da alla produzione di meta-anfetamine pure al 99% per lasciare qualche soldo alla famiglia quando lui morirà, Pietro è costretto a farlo perché la ricerca universitaria in Italia è pagata malissimo e ad andare avanti sono solo persone con agganci politici. Divertimento e velata malinconia per l’opera prima del regista siciliano, che se continua così rischia di diventare l’icona della rinascita della commedia all’italiana.



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