Quante strisce di Schulz ho
letto nella vita? Così tante da esser troppe per contarle, ma così poche che
ancora non mi bastano. Da bambino, quando a casa non ne avevo, ogni volta che dagli
amici trovavo un Linus lo prendevo sempre in prestito per poterlo leggere.
Ho sempre avuto una passione
grande per Charlie Brown, un bimbo che sente il peso del mondo sulle sue
spalle, insicuro, timido, imbranato, sfortunato e costantemente afflitto da
milioni di dubbi che gli impediscono di prendere un’iniziativa qualunque. Un
personaggio amletico che sente il bisogno di confrontarsi con tutti i suoi
amici, tutti più vincenti di lui su almeno uno degli aspetti della vita, per
essere consigliato sul da farsi. Per contro, però, Charlie è deciso e convinto
che il futuro gli permetterà di avere successo e coronare i suoi sogni e questo
lo sostiene anche nei momenti di massimo sconforto.
In più ha tanti amici, tra cui
si distinguono Linus, in fratellino di Lucy, che ogni tanto gli offre qualche
piccola perla di saggezza e, sopra a tutti, il suo amico numero uno: Snoopy, il
suo bracchetto, che -pur avendo la sua particolare vita piena di “fantasiose
avventure”- interviene ogni volta che vede il suo padrone in difficoltà e lo
aiuta, come può, ad avere almeno una qualche forma di successo. Ed è questo bimbo,
a mio parere, che più di ogni altro elemento ha sancito il successo del fumetto…
non a caso gli stessi Coldplay hanno dedicato un’intera canzone a Charlie Brown.
Questo non è il primo
lungometraggio ricavato dal fumetto ed anche di quelli ne ho visti più d’uno,
ma mentre i primi mantenevano lo stesso fascino dei disegni in quest’ultimo
lavoro la qualità grafica è molto più alta ed è studiato un volontario abbassamento
della stessa per mantenere quel fascino almeno in parte. I personaggi comunque restano
gli stessi, con tutte le loro caratteristiche, incluso il fatto che gli adulti,
come anche nei precedenti lungometraggi, non hanno voce ma quando parlano si
sente il suono di un trombone.
Ci sono anche due piccole
sorprese che non dico, una sulla famosissima ragazzina dai capelli rossi ed una
su Charlie Brown, per cui suggerisco di andare a vederlo, specie se siete dei
fan come me dei Peanuts. No, non sto parlando della canzone dei Police: questo
è il nome originale della striscia di Schulz, che fu scelto perché parla di
bambini che si confrontano con le prime piccole questioni della vita… e infatti
“quisquilie” o “piccolezze” è la traduzione in italiano di questa parola.
Una delle traduzioni in realtà.
Sì perché il suo significato principale, in effetti, è arachidi. Perciò le
arachidi devono necessariamente essere l’ingrediente principale per l’elemento
gastronomico in questo post. E di potenziali piatti ce ne sarebbero molti da
proporre, se non fosse che ce n’è uno in particolare che non è mai stato
proposto finora, ma che è perfetto per questo film: le Addormentasocere
Se non sapete perché si
chiamano così vuol dire che non le avete mai assaggiate, per cui vi dò subito
la ricetta per farvele a casa.
Ingredienti per 300gr di
arachidi (non salate):
100gr di zucchero di canna, 30gr
di zucchero semolato, 20gr di burro, 250 gr acqua
Procedimento: scaldare acqua e
zucchero in un pentolino; raggiunti i 119° (oppure quando il liquido da trasparente torna ad imbrunirsi), inserire le arachidi calde ed il burro e continuare
a mescolare fino a quando tutto non si “sabbia”, cioè fino a quando lo zucchero
da lucido diventa opaco ed ogni arachide è avvolta da questa crosta di
zucchero. Avvenuta la sabbiatura dello zucchero attorno alle arachidi, disporle
su un foglio di carta forno ben distanziate l’una dall’altra per farle raffreddare.
Non le ho mai fatte, quindi non posso garantire che questa ricetta sia la migliore fra quelle disponibili nel web né so dire se il colore viene veramente così bruno, però è quantomeno da provare. No?
Enjoy!