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Soap Opera

Creato il 14 novembre 2014 da Af68 @AntonioFalcone1
(Movieplayer)

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Scende la sera sulla città ammantata dalla coltre bianca, nevica incessantemente, si avvicina la vigilia di Capodanno, in un condominio come tanti hanno luogo le vicende di vari individui.
Ecco Francesco (Fabio De Luigi), in compagnia di Patrizia (Caterina Guzzanti): il loro percorso di reciproca conoscenza è interrotto dalla visita di Paolo (Ricky Memphis), fraterno amico, tormentato da dubbi riguardo la propria sessualità e con la moglie partoriente in ospedale. Appaiono poi Alice (Chiara Francini), attrice di fiction in costume, incline a “metter l’amore sopra ogni cosa”, in particolare se trattasi di uomini in divisa, ed infine i fratelli gemelli Gianni (Ale) e Mario (Franz), quest’ultimo costretto su una sedia a rotelle per un incidente causato dal primo, verso il quale riversa tutto il suo malanimo. Ma vi è un altro inquilino, schivo e defilato, che, rientrato nel suo appartamento, deciderà di farla finita con un colpo di pistola.
Il tragico evento condurrà nello stabile la fidanzata del suicida, Francesca (Elisa Sednaoui), e il maresciallo dei Carabinieri Cavallo (Diego Abatantuono), scombinando non poco le carte in tavola, anche perché nel frattempo si è fatta viva l’ex fidanzata di Francesco, Anna (Cristiana Capotondi)…

Cristiana Capotondi  e Fabio De Luigi (Movieplayer)

Cristiana Capotondi e Fabio De Luigi (Movieplayer)

Difficile recensire un film come Soap Opera, ultima fatica di Alessandro Genovesi, regista e sceneggiatore, che ha aperto, in nome di un’esibita irritualità pop, la IX Edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. La suddetta difficoltà nasce dalla primaria constatazione di come la commedia in questione sia stata allestita con un’insolita grazia d’intenti, non disgiunta da una certa eleganza, visiva in particolare, più di un occhio volto alla struttura propria di una classica pochade ed una regia piuttosto agile, “composta”, attenta alla direzione degli attori, assecondandone la portata recitativa, variabile, a seconda dei personaggi, fra comicità di situazione e toni sentimentali. Un’atmosfera rarefatta e sospesa, favolistica in certo qual modo, una “toccata e fuga” volta a mescolare le linee di demarcazione tra reale ed irreale, una spruzzata di noir tanto per gradire: il buon Genovesi ha provato, onore al merito, a smarcarsi dai consueti canoni “pronto cuoci” di buona parte delle recenti commedie nostrane e per un po’, almeno fino al “risolutivo” sparo, vi è anche riuscito, ma da qui in poi, una volta che la narrazione inizia a delinearsi, dipanando intrecci ed equivoci, la “bella confezione” si rivela insufficiente a sostenere la messa in scena, anzi finisce con l’apparire del tutto fine a se stessa.

Chiara Francini e Ricky Memphis (Movieplayer)

Chiara Francini e Ricky Memphis (Movieplayer)

La struttura comincia a dare i primi segni di cedimento, evidenziando la consistenza complessiva propria di un castello di sabbia investito dai flutti, con evidenti limiti di sceneggiatura consistenti in primo luogo, almeno a mio parere, al non riuscire a tradurre quanto espresso in fase di scrittura nell’ambito del grottesco e del surreale, mancando quindi il bersaglio di un adeguata ed opportuna dimensione cinematografica al riguardo.
In seconda analisi, una volta entrati in scena tutti i personaggi, manca a dare man forte alla particolare costruzione voluta dallo sceneggiatore-regista un sostegno attoriale che sia concretamente e non solo potenzialmente corale, il quale finisce per concretarsi negli ormai consueti siparietti affidati più alla fiducia riposta nella simpatia dei singoli interpreti, già rodata in precedenti realizzazioni, che alla loro bontà interpretativa.
Quest’ultima è giocata sul mezzo tono (De Luigi, solito quarantenne di buon cuore sciamannato in letizia, che qui mitiga le consuete espressioni da cartone animato), su una sobrietà quasi eccessiva, stralunata (Memphis) o vagamente impostata (il duo Ale & Franz), per tacere delle caratterizzazioni, di maniera, relative ai personaggi femminili o dell’ormai abituale ruolo da gigione per tutte le stagioni affidato ad Abatantuono.

Francini e Diego Abatantuono (Movieplayer)

Francini e Diego Abatantuono (Movieplayer)

Poche battute, lungi dall’essere memorabili, più di una gag che stenta a decollare (vedi la particolare “prova d’amore” richiesta da Paolo a Francesco), un ritmo che diviene man mano particolarmente fiacco, una sempre più avvertibile sensazione di scarsa empatia e meccanicità, sino a giungere alla definitiva palpabilità di entrambe in un finale che vorrebbe “volare alto” nel collegare nuovamente realtà e finzione ma destinato più semplicemente a restare fra “color che stan sospesi”.
In definitiva Soap Opera rimane un tentativo inespresso e nient’altro, ed è un peccato che Genovesi non abbia creduto fino in fondo ad una comunque felice intuizione, ovvero provare a proporre qualcosa d’inedito agli spettatori, intendendo come tali coloro che frequentano abitualmente la sala cinematografica, attenti alla qualità delle proposte più di quanto calcoli commerciali o cifre possano far credere, come d’altronde dimostrato dai recenti risultati al botteghino.


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