Anna Lombroso per il Simplicissimus
Buonismo è una parola che mi ripugna. E peraltro mi ripugna ancora di più il cattivismo. Preferisco i sentimenti e le inclinazioni di riferimento: cattiveria e bontà. Anzi per dire il vero crudeltà e generosità, perché sono meno universali più riconducibili a una logica e ragionevole selezione di oggetti di amore e compassione o di odio e disprezzo.
E aborrisco anche l’ipocrisia..ma a volte, in certi ruoli, ce ne vorrebbe un po’ come cifra di civilizzazione e buona educazione. A dimostrazione di un certo interesse per l’ascoltatore, anche se lo si considera un plebeo ottuso e idiota che merita solo di essere spremuto e buttato via.
Ma il Presidente del Consiglio, apparentemente più composto del precedente, difetta evidentemente di quelle buone maniere spesso ispirate da motivi elettorali. C’è da augurarsi che l’indifferenza spocchiosa per il consenso e per i voti non sia solo l’espressione altera della scarsa considerazione per i cittadino già tante volte rivelata, ma la determinazione a limitare l’esperienza di governo a questa parentesi “tecnica”…che al Quirinale non si va per mandato diretto. Si si il presidente Monti ci tiene alle misure impopolari, non per amor di provocazione o per spericolata inclinazione alla “scomodità”, ma perché proprio predilige quelle che vanno contro al popolo, preferendogli di gran lunga cerchie ristrette e la solidarietà agli oligopoli, fratellanza con le banche e favori al padronato.
Così in vena di cattivismo ci illumina sul demone, sul male che affligge il Paese, il “buonismo” sociale. Che in preda a un’ossessione compulsiva si contrasta esercitando una formidabile pressione fiscale su ceti medi già impoveriti in stato sociale e potere d’acquisto, e che così precipitano sempre più giù, penalizzando i pensionati e aspiranti tali, dileggiando il precariato senza farlo uscire dalla sommersione, ma soprattutto reprimendo quel poco che resta di garanzie e in particolare quella garanzia morale rappresentata dai diritti.
È che non solo non gli piace il “buonismo”, è che proprio è allergico al sociale e tanto per non sbagliare anche allo statale, anteponendo il privato e il privatistico, perché il nostro è uno stato rammollito, troppo poco autoritario, poco accentratore, poco flessibile. Meglio privatizzare quel poco che c’è soprattutto se è comune, se, pagato da noi, dovrebbe beneficiare tutti e non pochi scelti irremovibili e inamovibili privilegiati.
È proprio una fissazione la sua, così nobilmente e garbatamente anche per non far brutta figura all’estero omette nelle comparsate e negli atti i veri mali nazionali: crescita paralizzata, disoccupazione e avvilimento dei valori del lavoro, istruzione dequalificata, paesaggio manomesso e turismo impoverito, investimenti privati indirizzati all’accumulazione patrimoniale. Tutti settori nei quali dovrebbe agire il cresci-Italia. Combinato con il guarisci-Italia: per contrastare l’evasione, la corruzione, il malaffare che hanno talmente intriso il tessuto sociale e economico da essere diventati i veri affari italiani.
Eh si il Presidente del Consiglio è un bel po’ maleducato e anche bugiardo, magari a sua insaputa. Non è certo il prevalere del buonismo sociale il motore della crisi, causata invece dalle e disuguaglianze, alimentate da un capitalismo che per ricostruire i suoi margini di profitto s’è liberato di lacci e lacciuoli, ristrutturandosi, e comprimendo salari e occupazione. Una crisi nata negli anni 70, quando invece di redistribuire senza sprechi e rilanciare gli investimenti, si è scelta la strada dell’indebitamento pubblico e privato, per ricostruire la domanda e sostenerla. La conseguenza è stata un debito sovrano incontrollato, gestito con avida brutalità dalla finanza mondiale.
È l’avidità economica fine a se stessa a aver preso il sopravvento, altro che l’indulgenza nei confronti dei bisogni.
Pare proprio che al Professor Monti serva un energico ripasso dei fondamenti della sua materia. Ma forse ci starebbe bene anche qualche lezione morale.