Molto spesso e almeno nel mio caso quando colloquio, cerco sempre un’interazione con la mia controparte. Non sono solo vuote parole che il più delle volte si perdono nel vortice di un racconto, ma un sana curiosità. E’ un interesse di conoscere, di sapere di più di chi mi sta’ davanti (o al telefono), la mia azione più che nel parlare si espleta nello saper ascoltare, infatti, il lasciare esprimere gli altri è indice di rispetto oltre che di buona educazione, (il che non guasta mai).
Intrattenersi piacevolmente diventa invece interessante quando siamo noi a dare piccoli imput per fare si che la conversazione si diriga sui “nostri” binari.
Nei social media, la sintesi, l’essere concisi, brevi, stringati è un obbligo, chi viaggia sui social, non ha tempo da perdere perché il suo tempo è prezioso nella misura in cui, in un lasso breve temporale deve reperire più informazioni possibili, in questo caso l’essenzialità del dialogo prevale anche sugli sviluppi futuri.
La frase “una telefonata allunga la vita”, mi fa preferire in certi casi alla sinteticità di un testo scritto, la prolissità di una chiacchierata.
Certo vi sono modi e tempi atti ad attuare questo sistema, e sicuramente una mail può risolvere il problema, ma quante possibilità ci sono che una mail venga poi effettivamente letta?
l buon vecchio telefono, ovvia a questo inconveniente. A voce, si “sentono” i problemi, si “afferrano” le necessità, se il dialogo si dipana tranquillo, tutto si spiega. Al telefono, come dicevo prima possiamo avviare una conversazione, fatta da chi parla e chi ascolta con reciprocità, e a secondo delle domande del nostro interlocutore, possiamo dunque; rassicurarlo, indirizzarlo, aiutarlo a scegliere, e aiutarlo a capire, possiamo spiegare e se necessario a spiegare ancora.
Una voce disponibile, è ben meglio di mille fredde parole.