Altro panel interessante al Festival Internazionale del Giornalismo in corso a Perugia fino al 28 Aprile. Si parla di quello che è di sicuro il fenomeno del momento, ossia della Social Tv, il nuovo modo di intendere la televisione nell’era dei Social Media
Michele Serra qualche anno fa scriveva che la Tv è “un elettrodomestico di legno e vetro, un incrocio a prima vista fra la radio ed il cinema, che ha mutato il ritmo delle nostre giornate”. Non gli si può dar torto: questo nuovo “elettrodomestico” era in grado di annullare il tempo di trasmissione di immagini e suoni, permettendo il vero e proprio annullamento della distanza non solo spaziale, ma anche temporale, concedendo agli spettatori di tutto il mondo di vivere in simultanea grandi e piccoli eventi mediali. Un vero e proprio dono dell’ubiquità. Dai primissimi passi mossi, la TV ha fatto moltissima strada ed attualmente si moltiplica ovunque, su una pluralità immane di schermi, sui quali compie un vero e proprio “effetto rimbalzo”: tablet, smartphone, computer, che Andrea Materia, uno dei relatori dell’evento e CEO Greater Fool Media, definisce secondi e terzi schermi, anche se, ricorda, la televisione non sempre è primo schermo.
Proprio di questa sorta di condivisione estrema si è parlato ieri al Centro G. Alessi che ospita l’evento all’interno dell’International Journalism Festival di Perugia. A moderare la conversazione era Giampaolo Coletti. Andrea Materia appena presa la parola, e su richiesta del fondatore di Altratv.tv (piattaforma che offre un monitoraggio dei canali italiani che fanno web tv) cerca di dare una definizione approssimativamente corretta di Social TV:
essa si autodefinisce nel non essere né solamente internet, né solamente televisione, è tutto ciò che implica un’interazione tra più schermi in tempo reale, in simultanea, o più o meno; l’importante è che ci siano audiovisivo e social network, cioè la condivisione”
Materia ha proseguito toccando altri argomenti, tra cui il rapporto che si viene ad instaurare tra social, fruitore/spettatore TV e pubblicità. Per lui infatti:
è fondamentale sottolineare che l’applicazione ha un database utenti (che è ciò che il mondo della pubblicità può utilizzare), mentre facebook può leggere i numeri, ma non i nomi di chi ha guardato un determinato programma”
Da ciò ha preso spunto per aprire una parentesi sull’auditel sociale, nominando sia programmi poco presenti in forma social, come le fiction, per le quali a suo parere si dovrebbe prendere esempio dal mondo statunitense (“ma sono convinto che ci si arriverà”) a programmi invece molto presenti, come Sanremo, Le Iene e talk politici, tra i quali spiccano Ballarò, Presa Diretta, Agorà e Servizio Pubblico, che sono poi antesignani dell’ampliamento al modello partecipativo su cui si fonda la rete.
Anche Gianluca Visalli, Responsabile New Media La7, dice la sua, parlando in primis della situazione della piattaforma televisiva di cui è parte, rivelando quanto in realtà lui ed il suo team lavorativo siano
favoriti dai contenuti e dal clima, in quanto i programmi di spicco di La7 hanno riscontri interessanti su twitter e facebook data la voglia di partecipazione al dibattito politico del momento.”
Non nasconde inoltre di esser partito da zero, insieme alla sua squadra redazionale, per approdare poi ad un livello culturale abbastanza forte sul linguaggio e sulle proprietà peculiari della social TV;
si osservi, ad esempio, il meccanismo che coinvolge il pubblico e lo pone a diretto contatto con l’ospite del programma televisivo: già dal pomeriggio, gli utenti, ossia i telespettatori che la sera andranno poi a guardare il suddetto programma, sono chiamati a votare la domanda da porre all’ospite in studio sulle piattaforme di social network; così facendo si viene a formare una vera e propria interazione tra telespettatori ed ospiti”, continua Visalli, che tocca anche il punto commerciale, dicendo che “non è chiaro ancora quale sia il modello pubblicitario migliore”.
A prendere la parola è ora la Vicedirettrice di Rai1 Roberta Enni, la quale sottolinea come
la TV sia social da sempre, ma in forme diverse, era social fin da quando la gente si riuniva al bar sotto casa per seguire la partita o Lascia o Raddoppia; e proprio questa è la differenza tra cinema e TV, cioè che mentre si guarda la TV si parla”.
La Elmi continua illustrando la sua esperienza a Rai5:
quando siamo partiti con Rai5, nel novembre del 2010, eravamo decisi che sarebbe stato social, non a caso è partito contemporaneamente alla pagina Facebook; si proponeva dunque di essere un luogo e non solo un canale televisivo, e devo dire che il rapporto che ho avuto con i telespettatori sul social network è stato tra le esperienze più formative in 25 anni di carriera. Ora che sono a Rai1, mi sono battuta per creare uno spot che pubblicizzasse la fiction “Un medico in famiglia” nella sua accezione social. Loro mi prendevano per pazza, io prendevo loro per alieni. Alla fine ci sono riuscita!”.
In conclusione del panel discussion, si può affermare che la social tv è oramai integrata in pianta stabile con i media mainstream. Rimane ancora il sostanziale problema, ossia quello relativo alla raccolta pubblicitaria e la definizione di un’efficace modello di business applicabile alla nuova era del social tv.
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