Mi scrive mia sorella. Mi scrive una e mail preoccupata e angosciata. Sua figlia, Sofia, ha sei anni e oggi ha affrontato il suo primo giorno di scuola alle elementari. Dovrebbe essere un giorno importante per un bambino di quell’età, è il primo passo all’interno della scuola pubblica (non hanno le risorse per la scuola privata e, probabilmente, anche se le avessero, non ci manderebbero la bambina). Mia sorella lascia Sofia con le lacrime agli occhi. Normale, direte, in un giorno del genere. Il problema è che le lacrime agli occhi le ha anche mia sorella perché ha lasciato la sua bambina in una classe di ventisette bambini, venti maschietti e sette femminucce, con una maestra che è, a causa dei tagli contro la scuola pubblica, di fatto, una donna sola. Una classe minuscola in cui i bambini non riescono neppure a muovesi. Mia sorella e il suo compagno lavorano entrambi, hanno già una figlia grande, Cecilia, che, a sua volta, deve confrontarsi con un’altra scuola pubblica, le superiori, che non ha meno problemi di quella elementare. Avrebbero bisogno entrambi del tempo pieno per poter lavorare mentre la bambina è a scuola. Però Luisella, che poi si chiama Patrizia ma la chiamiamo tutti Luisella sin da bambini, prende in mano la cornetta e telefona per chiedere che a Sofia venga assegnata una classe senza tempo pieno.
Vuole che sua figlia possa essere seguita, possa imparare e, soprattutto, non debba stare tutto il giorno in una classe pollaio.
In qualche modo faranno, lei e il suo compagno, aggiungendo ulteriori sacrifici a quelli che stanno già facendo.
Noi sentiamo parlare ogni giorno di escort e corrotti che ruotano intorno ai diversi politici di diversi schieramenti e/o orientamenti. E mentre la politica continua a fare tagli per rimettere i “conti a posto” noi ci giochiamo il futuro dei nostri figli.
Non c’è più un solo settore della società che non sia stato ridotto a brandelli: scuola, sanità, ricerca, università, welfare, cultura… ormai le persone che lavorano nei diversi settori arrancano pur di poter mantenere un po’ di dignità. Poi dobbiamo assistere alle sceneggiate di chi, pur mantenendo la propria poltrona all’interno del governo, chiede la secessione di una non ben definita Padania.
La verità è che la precarietà inizia già a sei anni.
Sofia dovrebbe trovare nella scuola un luogo in cui crescere, dove imparare, in cui aprire la propria mente al mondo che verrà. Dovrebbe imparare l’inglese, cominciare a conoscere le nuove tecnologie, studiare l’arte. Invece in molte scuole mancano persino i gessetti per la lavagna.
Stiamo parlando del futuro delle nuove generazioni. Stanno ponendo le basi per una società costruita con il rigore delle caste. I figli dei ricchi in scuole prestigiose e i figli della classe media in strutture fatiscenti, affollate e allo stremo.
In questi contesti, già difficili per bambini che non hanno particolari problemi mi chiedo: “e se mio figlio avesse particolari deficit o avesse bisogno di maggiore assistenza”?
Ci parlano di futuro.
Ma il futuro si costruisce oggi.
Marino Buzzi