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Sofia si veste sempre di nero, frasi [Paolo Cognetti]

Creato il 06 settembre 2013 da Frufru @frufru_90
Sofia si veste sempre di nero, frasi [Paolo Cognetti] «Sofia», disse l’infermiera a voce alta, «lo sai che cos'è la nascita? È una nave che parte per la guerra».
Sta male da così tanto tempo che tutti ormai si sono abituati a vederla senza capelli, con la faccia gonfia e giallastra, e a immaginarla così quando la sentono al telefono o ne parlano tra loro, come se quello fosse il suo aspetto naturale. Nessuno è tanto ingenuo da sperare che guarisca, però si erano illusi che potesse camminare sul filo, ammalata ma viva, se non per sempre almeno per un presente indefinito.
Ogni fiore piantato, ogni giocattolo dimenticato nell'erba è un pezzetto di una storia più grande e uno può anche provare a ricostruirla partendo da lì – da una sdraio, un’aiuola di lavanda e rosmarino, un tavolo di plastica con quattro sedie pieghevoli, un’amaca, un triciclo, la ciotola di un cane.
 Difficile dire quando il discorso passa dalla pirateria alla religione. Secondo quello che ha capito Oscar, anche lì tutto gira intorno alla morte: senza morte non ci sarebbe bisogno di pregare né di andare in chiesa, di obbedire a chiunque sia più grande di te, di non dire parolacce e bugie. Ma siccome bisogna morire, il problema diventa capire dove finirai dopo. Inferno o Paradiso.
Le famiglie erano come sommergibili sotto il tiro di disgrazie casuali, bombe di profondità lasciate partire dall'alto dei cieli in una battaglia navale tra te e l’imperscrutabile volontà di Dio.
Avrà ricordi marginali e nitidi come questi. Come le foto di famiglia che non ritraggono niente di particolare, e non si sa bene perché siano state scattate né quando, però anni dopo valgono molto più di interi album dedicati a compleanni e matrimoni.
Negli ultimi tempi ho letto la Bibbia da cima a fondo. Non credo in Dio ma mi sembrava un libro importante da leggere, almeno per evitare che qualcun altro lo facesse al posto mio e pretendesse di spiegarmelo.
Ma il coraggio è una cosa che si impara? [...] Oppure una ci nasce e basta? È possibile che ho paura di tutto?
Roberto si era ormai rassegnato a pensare che fosse quello, l'amore degli adulti: un esercizio di indulgenza e tolleranza, abituarsi ai difetti di un'altra persona e infliggerle i propri, caricarsi sulla schiena il fardello della sua infelicità.
Non è tanto quello che ho visto, è piuttosto quello che non ho visto. Sai quando sei fuori al sole e senti un'ombra passarti addosso? E allora guardi in su per vedere se era un uccello, una nuvola o cosa, ma ormai è troppo tardi, e qualunque cosa fosse è già passata?
L'intelligenza non è saper fare, è saper imparare.
C'è un unico modo sincero di piangere, ed è piangere da soli.
Così per la prima volta intravedi un finale. È un gioco che facevi spesso da ragazzina. All'inizio di ogni relazione ti sforzavi di immaginare la scena: mentre un ragazzo ti baciava tu ti chiedevi se quella era una storia da scusa, o una storia da allora ciao, o una storia da vaffanculo, o una storia da restiamo amici. Se sarebbe successo in un letto o in mezzo alla strada e la faccia che avrebbe fatto lui, se era un tipo da insultarti o implorarti o non parlare più, tirare un pugno al muro e odiarti e basta. Dopo ti sentivi più tranquilla. Era come conoscere già l'ultima pagina di un libro, per poi immergerti nella trama senza nessuna angoscia.
Abitare, abito, abitudine. È tutta roba che ci mettiamo addosso, tutti i nostri strati protettivi.
Da complici erano diventate rivali, e sapevano ferirsi nel modo crudele di chi conosce tutti i punti deboli dell'altra.
È per colpa di chi non c'è più, mi capisci? Anche le cose più stupide, anche quella sedia lì, prendono un valore che prima non avevano.
 La bellezza in fondo che cos'è, una stupida questione geometrica, solo un incastro fortunato nel campionario di bocche, nasi e orecchie disponibili. Ma se una faccia hai imparato a conoscerla, e l’hai vista quando ha sonno, quando ha il raffreddore, quando è distrutta da una giornata nera, se ti sei abituato a quella faccia, allora hai superato la questione della bellezza, non sei d’accordo?
Non sono le tue azioni, sosteneva, ma le tue reazioni a definire chi sei. [...] «Quando le cose vanno bene sono buoni tutti», disse. «È quando vanno male che si vede di che pasta sei fatto».


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