Titolo: Sogni 1875-1931
Autore: Arthur Schnitzler
Editore: Il Saggiatore
Anno: 2013
Il volume diArthur Schnitzler (a cura di Leo A. Lensing e Peter Braunwarth, edizione italiana a cura di Agnese Grieco, con la traduzione di Fernanda Rosso Chioso e un'introduzione della stessa Grieco e di Vittorio Lingiardi ) pubblicato in versione integrale da Il Saggiatore, è la raccolta di oltre cinquant'anni di sogni annotati da uno dei più importanti scrittori europei.
L'approccio alla lettura di questo libro non è immediato: lo stile è cangiante, la sintassi è volutamente oscura, quasi sincopata (come ha tenuto a precisare il traduttore) allo scopo di mantenere viva l'immediatezza delle annotazioni diurne, appunti sparsi che manifestano la volontà dell'autore di fissare a memoria immagini e moti dell'animo.
Ne consegue una scrittura più volte definita “ondivaga”, autoriflessiva, intima, in un ordine cronologico che tuttavia sfugge ad ogni ordine logico, e le pagine diventano un susseguirsi anarchico di nomi, fatti, desideri e paure dello scrittore che sogna.
L'io (Freud docet) di Schnitzler si accompagna per tutto il libro ad uno scenario particolare, quello della Vienna fin de siécle, in cui primeggiano personaggi illustri come Freud, Klimt, von Hofmannsthal, Mahler e molti altri. I sogni registrano le mode dell’epoca, gli spettacoli di successo, le malattie più comuni del bel mondo, tanto che, a buon diritto, Sogniè stata definita l'autobiografia «inconscia» del primo Novecento europeo. La narrazione è onirica, ma non allucinata, semmai affiorano tra le pagine spunti di psicoanalisi, retaggio necessario della conoscenza e della stima reciproca che legò Schnitzler e Freud: entrambi ebrei, medici, colpiti dalla morte di una figlia, per descrivere il loro rapporto potremmo usare una riflessione che lo scrittore dedica al matrimonio: «Due persone che vogliono comprendersi fino in fondo sono proprio come due specchi che, posti uno di fronte all'altro, si rimandano le loro stesse immagini all'infinito e sempre più da lontano, come in preda a una curiosità disperata, finché esse svaniscono nel grigiore di una terribile lontananza». Con malinconia e inconsueta timidezza, Freud rivela a Schnitzler di sentirsi affetto da Doppelgangerscheu, la paura del doppio. Non solo: «spesso mi sono chiesto con stupore dove Lei potesse attingere questa o quella segreta conoscenza, che io ho acquisito con la faticosa ricerca sul campo, e sono infine giunto a invidiare il poeta che altrimenti ammiro». Schnitzler conosce e apprezza l'opera di Freud, ma (come Rilke, Musil, Svevo) mantiene un atteggiamento di ambivalenza critica, spesso tagliente: per l'autore, infatti, il sogno non è da intendersi come materiale cifrato da rivelare quanto piuttosto come laboratorio immaginifico da raccontare. Da qui l'amore, corrisposto, del cinema per Schnitzler.
Le donne e la loro sessualità è l'altro argomento degno di nota,assolutamente “onirico” e che segna la distanza fra Freud e Schnitzler: «Tra i due esploratori dell'inconscio - scrive Kandel (L'età dell'inconscio) - Schnitzler si sarebbe dimostrato il miglior psicologo del profondo delle donne».
Numerosi infatti i sogni in cui compaiono giovani donne dell'epoca, amiche e/o familiari del narratore:
Questa notte ho sognato che ero vicino alla finestra e lei è venuta da me, stava all'esterno della finestra. Mi sono sentito improvvisamente non so come. L'ho abbracciata e baciata ardentemente e lei ha ricambiato il mio bacio. Così siamo rimasti per qualche tempo e ci siamo baciati ancora e poi ancora. Mi sono svegliato, nel sogno già esultavo, io l'ho baciata - lei mi ha dato un bacio - e mi sono svegliato. Sono scoppiato in un gran pianto. Proprio allora sorgeva l'alba, ero d'umore triste.
1891, 25-2. Sogno di Rose Fr. coricata tra due finestre (come un cuscino contro gli spifferi) e comprendo che le donne aspirano all'emancipazione.
1928, 5-7. Dico a Alma (Mahler): peccato che non L'ho conosciuta prima - Lei era l'unica donna per la quale avrei potuto compiere un delitto; - e davvero avrei voluto fare una volta quest'esperienza: lei ascolta con un'espressione lusingata, quasi felice, in dubbio se io troppo vecchio, oppure lei.
Leggere questo libro è come guardare il Novecento attraverso un buco della serratura: le immagini si scorgono deformate, ma mai sfocate; i protagonisti si avvicendano e portano in scena i propri stati d'animo e su tutto campeggia il vero fil rouge della narrazione, l'Inconscio.