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Alla sua terza opera, Moretti, decide di prender di petto il mondo del cinema. Partendo dal suo vissuto,dal fenomeno che era diventato e prendendone lucidamente le distanze. Fino a un certo punto. Una pellicola che è quasi apocalittica nella sua graffiante ironia sul mondo dello spettacolo, su un paese di bestie affamate di mediocrità, pressapochismo, convinti anche di essere divertenti e provocatori,ma in sostanza tristissimi.Un paese che dopo l'impegno degli anni 70 andava verso la deriva volgare di un edonismo massificato e incontrollabile, della devastazione non tanto della cultura o dell'arte,ma della capacità di essere persone razionali e dotate di intelletto.Per questo amo moltissimo la frase di risposta di Michele a uno di quei critici popolan chic, quelli che stravedono per il genere e la serie b, quando egli - il critico- dice: "io odio gli intellettuali" e allora Michele risponde: " io amo gli intellettuali". Perché con la loro scomparsa non è tanto che scompaia un barone universitario o un non so,ma una persona di grande qualità che è patrimonio culturale proprio per e del popolo.Ecco, dubitate sempre da chi si dichiara amico o dalla parte del popolo. Perché è uno che ama veder le masse incatenate alle loro miserie,mai elevate .No,questo è un mio comizio eh! Cioè, mi pareva giusto aggiungere queste riflessioni.
Così Michele si ritrova a presenziare in orribili dibattiti dove è chiaro che non importa di comprendere il film,ma semplicemente esporre le proprie sacrosante opinioni. Spesso fuori luogo . Si ritrova asserragliato da gente che vuole imparare il mestiere da lui, ( " a me piace leggere,ma non per questo scrivo romanzi" ), da improbabili colleghi che pretendono di aver in comune con lui un percorso umano e artistico in comune.In un certo senso anticipa la deriva che viviamo oggi dove tutti sono scrittori, tutti sono liberi pensatori e per questo ci sentiamo in diritto di affermare, proporre,esternare."Loro , chi sono loro? Perchè anche tu devi esprimerti come se fossi al bar?"Un po' quello che facciamo tutti noi, sentirci personaggi importanti,con idee, liberi,indipendenti, e per questo facciamo soffrire l'umanità con le nostre brillanti disquisizioni e opinioni, io per primo. Autocritica militante, baby!
Michele vive in un paese assurdo che lui vorrebbe forse amare,come vorrebbe essere felice e trovare un equilibrio, un amore, cerca di trovare qualcuno o qualcosa che possa essere un sano equilibrio. Per questo i sogni dove si ritrova innamorato di una ragazza : Silvia. Simbolo di una non raggiungibile serenità , di una felicità agognata,ma abbandonata. " Sono un mostro e ti amo! "
Questo grido disperato e potente è la rivelazione finale: altro che coscienza immacolata, altro che idolo del nuovo cinema italiano, altro che provocatore ,solo un uomo che soffre,disperato,solo,ma non arreso. Comprende benissimo le sue debolezze e miserie, e cerca l'amore e l'affetto negli e degli altri mostrandosi come il mostro che è.
"Non voglio morire!" E poi Michele scompare all'orizzonte.La voglia di essere partecipe,vivo,anche se devastato dall'infelicità,dal non saper relazionarsi come vorrebbe,per colpa sua o di altri. Un finale straziante, per un film che dietro il grottesco,l'umorismo, è un apocalittico film sulla nostra tragica fine. L'estinzione dell'essere umano,e la sua rinascita : sapendo che siamo mostri. Ma che negli altri e in noi stessi cerchiamo l'affetto di un amore assoluto.
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