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Sogni zero per giovani senza pensiero

Creato il 29 novembre 2012 da Cultura Salentina

di Marika Lerario

Accendono i pc e spengono i cervelli. Sono oramai incapaci di pensare, riflettere, ideare, sognare e forse anche di sperare. Sono molti miei coetanei, tra i diciassette milioni di giovani dai 12 ai 17 anni che utilizzano social networks come Facebook o Twetter. Secondo uno studio della “Social Networking, Age and Privacy” il 38% dei ragazzini europei che utilizzano Facebook hanno un’età che va dai 9 a i 12 anni, mentre la percentuale sale al 77% nella fascia compresa tra i 13 e i 17 anni.

Il dato più spaventoso è quello che comprende la fascia 9-12 – stiamo parlando di bambini che frequentano ancora la scuola primaria – che quindi sono ancora nella fase infantile. Facebook, come altri social, crea dipendenze paragonabili a quelle della cocaina.

Un ragazzo italiano passa in media dalle 2 alle 5 ore al giorno su un social network, ciò sta a significare che ha solo sei ore da dedicare ad altre attività come lo studio, gli amici o le passioni. È così fredda questa generazione zero, alla quale io non sento di appartenere, che si interessa poco al proprio futuro, così superficiale che rifiuta la cultura, rifiuta le passioni.

Una generazione che probabilmente non crescerà mai, una generazione che senza saperlo ha nelle proprie mani delle possibilità grandi ma non le sa sfruttare, sfruttare per cambiare. Giovani che non si dicono più “ti amo” negli occhi, tremando, ma lo scrivono sul loro iPhone; piccoli uomini e piccole donne, che ormai di piccolo non hanno più niente, sanno solo pretendere e continuare ad esigere di più: l’ultimo modello, più “mi pace” alle foto, più “amici” su Facebook, più magra, più alta, più bella, più popolare, più veloce, più ricco, più figo, più grande.

Più vuoto! Ragazzi nati e cresciuti in questa crisi di valori che continuano a non accorgersi che saranno loro a dover affrontare tutto quello che rimane di questa “guerra per la sopravvivenza”. Le statistiche parlano, ma c’è una minuscola e impercettibile percentuale di giovani pensatori. Siamo rimasti in pochi, pochi sopravvissuti.  Noi che, nonostante viviamo in questo secolo, riusciamo ancora a sognare, ad avere degli ideali, dei valori, qualcosa in cui credere. Siamo pochi ormai a preferire un libro, uno di quelli veri, di quelli scritti su carta e non scaricati sui tablet. Siamo pochi a cantare a squarciagola per casa, a non condividere musica su Youtube.

Siamo quelli che: “Tra dieci minuti a casa mia” e poi si esce a divertirsi, ma divertirsi sul serio; perché ci bastano due panchine e l’immensa compagnia, ci basta ridere fino alle tre di notte e non ci serve chattare con uno sconosciuto. Siamo quelli che il video della caduta di un amico lo conserviamo per il filmato dei 18 anni, non lo carichiamo in rete. Quanta nostalgia degli anni ’90, quando le foto erano sui rullini da 24 che non riuscivamo mai a sviluppare e non sui file digitali. Quando c’era ancora il gusto di scrivere una lettera e una cartolina invece di mandare una e-mail.

Ed è proprio vero che noi giovani “abbiamo le ali per volare ma non lo spazio per farlo”. Forse questa stragrande maggioranza di “cervelli spenti” si accenderà, forse altri non si accenderanno mai e resteranno chiusi in una buia stanza, seduti davanti a un pc, con in testa una marea di idee formulate male. Io credo nella mia generazione, ci credo. Perché in piazza a manifestare contro chi ci sta rubando il futuro eravamo tantissimi, un memorabile 12 ottobre scorso. Sapevamo tutti il motivo per cui eravamo lì, non certo per marinare la scuola e scansare un’interrogazione fastidiosa.

I “cervelli spenti” erano sui marciapiedi a guardare, noi eravamo seduti a gridare per terra. La nostra terra! Questo Salento, che non può essere la periferia delle periferie, ma che cela sotto la cenere un fuoco che ha voglia di riaccendersi.


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