McEwan sembra sempre dire poco ed invece i sui libri sono una fotografia del mondo odierno.
Corrispondono alla vita cosiddetta normale di tante persone, nel senso che sembra sempre non accadere nulla di importante, che non si stia leggendo una storia articolata con tantissime sfaccettature, ma quasi un insieme di aneddoti.
Invece, se si facesse il punto della situazione ad esempio ogni 80 pagine, ci si renderebbe conto del grande balzo che ha avuto quella storia che sembra spesso così lenta, così normale, così banale.
Un po’ come la vita che ci porta ad avere nella routine la convinzione di poter fare un giorno ciò che si vuole, per poi arrivare a scoprire che in realtà quel giorno è già passato.
Anche quest’ultimo libro di Ian McEwan, che mi è piaciuto molto, è cosparso di tante piccole cose che sembrano solo un collegamento tra i diversi scenari ed invece sono piccole chicche di narrazione, una sorta di miniracconti oppure semplicemente degli aneddoti che illustrano il carattere e la psicologia dei personaggi molto meglio di una banale descrizione del narratore.
Mi riferisco ad esempio all’episodio del presunto congelamento con altrettanto presunto distacco di qualcosa durante il trasferimento in motoslitta verso l’artico oppure alla disputa silenziosa per le patatine avuta sempre da Beard sul treno per Londra.
Due grottesche situazioni che ben presentano al lettore un certo aspetto del carattere del premio Nobel protagonista di questo romanzo.
Ci sarebbero molte cose da dire su questo libro; cose che potrebbero forse indurre quei lettori che ancora non conoscono Ian McEwan a prendere in mano questa sua opera.
In realtà il mio consiglio è uno solo: cercare di leggere tra le righe e tentare di carpire più gli stati d’animo dei protagonisti che seguire in maniera passiva le loro vicende.
Si scopriranno situazioni più vicine alla nostra vita quotidiana di quanto possa sembrare a prima vista.
Già solo per questo varrebbe la pena di infilare ogni tanto un libro di McEwan nella nostra vita.
Insieme ad Auster, McCarthy, Wallace e Roth, McEwan si conferma uno dei miei autori preferiti.
Come già detto in occasione di commento ad altre mie letture, anche McEwan parla di persone con psicologie complicate per le quali l’aspetto esteriore è molto differente da quello interiore ed è proprio questa cosa che le rende così vicine alla gente comune, indipendentemente dal ruolo sociale che hanno nei libri.
Nel caso specifico la figura di un nientepopodimenoche premio Nobel, da tutti immaginato come figura autoritaria e portatrice di sicurezza, appare in realtà come un uomo che vive un dialogo interiore pieno di incertezze che lo portano a vivere più sconfitte che vittorie.
Un uomo ben più che normale a dispetto dei titoli e degli onori che la scienza gli ha riservato.
Tempo di lettura: 10h 22m