Magazine Cinema
di Paolo Cevoli
con Paolo Cevoli, Antonio Orefice
Italia, 2015
genere, commedia
durata, 99'
Un film scritto, diretto e interpretato da Paolo Cevoli. Il comico emiliano -già noto nel mondo del cabaret- si cimenta con una storia che non è la mera trasposizione cinematografica del personaggio che si è costruito negli anni, ma un tentativo -lodevole per intento ma riuscito solo fino a un certo punto- di dar voce a una storia che il regista-comico-attore-produttore sentiva come propria. Una premessa che da sola basterebbe a fare del film una gradevole opera d'intrattenimento che -sebbene con tutti i difetti di sorta- non è macchiata dall'intento, spesso malcelato, di spremere soldi da una figura tutto sommato conosciuta. Soldato semplice è Gino Montanari, maestro elementare libertino e anticonformista inviato al fronte da un preside che lo vorrebbe più patriottico. Il montaggio -narrativamente legato all'intreccio anziché alla fabula- alterna scene di vita quotidiana nell'Italia sull'orlo del conflitto e momenti in cui il protagonista si confronta con lo spettro della Grande Guerra, sorta di ombra che aleggia attorno all'accampamento degli alpini, manifestandosi solo quando la sceneggiatura lo richiede.
A volte con dubbio esito: da citare il momento in cui, fuggendo dalle esplosioni, i soldati si tuffano nelle latrine accompagnati dal triste commento: “meglio un vivo smerdato che un morto improfumato”. Grande punto debole del film è forse proprio l'eccessiva confidenza in una vis comica che si esprime attraverso il dialetto, i vari dialetti dei vari Italiani che s'incontrano al fronte, ognuno specchio di un microcosmo regionale sempre sull'orlo della macchietta. La commistione fra una sceneggiatura tutto sommato accettabile, che riesce a portare avanti il film, e in particolare il rapporto affettivo fra il protagonista e il giovanissimo napoletano Aniello Pasquale, e una comicità che si fa perdonare qualche scivolone, fa del film un'opera leggera ma tutto sommato gradevole. A tenere insieme il tutto non è tanto la forza della storia in sé quanto piuttosto la recitazione di un comparto attoriale che ben si conforma a dei ruoli che -per quanto limitati nella scrittura- riescono a reggere bene, come una ciurma navigata che riesca a seguire la rotta anche con una barca malridotta. Una storia il cui soggetto è modellato su un autobiografismo -il nonno di Cevoli era eliografista al fronte come Gino Montanari- che forse implica i limiti di una vicenda che pure non si sposa male con un certo tipo di comicità: Cevoli raffigura bene l'ingenuità che ha storicamente accompagnato l'ingresso dell'Italia nel primo conflitto mondiale. Tuttavia la volontà di far emergere una lettura moderna della vicenda, fornendo cioè la parabola di un'Italia che -sebbene tutti i conflitti interni- è capace di unirsi e affrontare con successo un nemico estraneo si perde in una scrittura troppo subordinata a un certo tipo di comicità, rivelando così i veri limiti di un film che, senza nessuna pretesa, si lascia guardare.
Michelangelo Franchini
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