Spesso all’interno di questo blog mi sono prodigato in recensioni di spettacoli o di film: non sarà questo il caso, ma non perchè voglia fare lo snob o sbolognare il film in questione come il classico film campione di incassi e poco interessante ai fini di una disamina più accurata. No, perchè il film di Checco Zalone, visto nel weekend dopo che era già uscito da settimane e dopo che, con amarezza, si erano già viste e commentate alcune delle battute più fulminanti della pellicola (strategia non del tutto condivisa dallo stesso protagonista quella dell’eccessiva esposizione su Internet di alcune scene topiche), non è assolutamente un “cattivo” prodotto, specie se paragonato ai celeberrimi cinepanettoni che per decenni ci hanno accompagnati in questa stagione, a suon di parolacce, volgarità e doppi sensi. Armi che in parte costituiscono anche la “poetica” del buon Luca Medici, ancora in sodalizio vincente con l’amico Gennaro Nunziante, alla sceneggiatura e regia, in “Sole a catinelle” avviato a polverizzare – che non l’abbia già fatto dopo questo ulteriore weekend da tutto esaurito nelle sale – il precedente record di una produzione italiana, appannaggio del suo “Che bella giornata”.
A mio avviso, “Sole a catinelle” racchiude il meglio delle sue due produzioni: chiaro, facessimo una disamina seria, da critici cinematografici, quali non siamo, non spenderemmo troppe parole… in fondo di una commedia atta a svagare, più che a indignare o riflettere, si tratta, anche se Zalone ha saputo ben miscelare, nel contesto di una storia che, se letta con occhi attenti, sa di malinconico, le sue anime, giocando sulla parodia, sul sarcasmo, ma anche sulla semplicità e sull’ignoranza, spacciata per tale, finanche a creare degli antipatici equivoci, visto che invece il ragazzo pare evidentemente conoscere i segreti del suo successo, ottenuto in maniera assolutamente meritata, ripensando alla sua lunga gavetta.
Zalone mette in scena una crisi famigliare, che è anche specchio di una crisi più allargata e invita all’ottimismo, in un senso però trasfigurato: l’ottimismo figlio di una decade, per non dire di un “ventennio” impregnato di “berlusconismo”. Ci sono ancora le parolacce, una sola scena davvero volgare, ma ciò che colpisce è proprio il fatto che da tempo ormai, abituati a una tv sempre più degradata nell’ospitare personaggi di bassissima lega, non ci si scandalizza certamente per un “coglione” o uno “stronzo” buttato lì, ma al di là di questo, il film, pur giocando su molti stereotipi riesce nell’intento di far ridere in maniera genuina, grazie alla simpatica faccia del protagonista, che anche quando scade nel “politicamente scorretto” (specie quando si trova a che fare con la malattia dell’amico del figlio) risulta comunque divertente, senza urtare troppo la sensibilità altrui.
Peccato il contesto generale… come capita sovente in occasioni di eventi dove la partecipazione della gente è altissima, in sala si è trovato di tutto e di più. Gente che ha parlato dall’inizio del film, intere famiglie con bambini disinteressati (piccola postilla, già messa in evidenza da altri.. il film non è adatto e comprensibile per i bambini, diciamo sotto i 10 anni di età), un vociare incontrollato, come può succedere se si va ad assistere, chessò, a un concerto di Vasco, dove per alcuni conta soprattutto esserci.