Nel 2020 il 90% di tutta la nuova capacità elettrica installata è venuto dalle fonti rinnovabili
Articolo originariamente pubblicato su Huffington Post
Il 2020 è stato un anno d’oro per le rinnovabili: sono cresciute di 280 gigawatt, il 90% di tutta la nuova capacità di generazione installata a livello globale. Con un balzo del 45% rispetto ai dodici mesi precedenti, le energie pulite fanno registrare il più alto incremento nell’ultimo ventennio. Il biennio 2021-2022 dovrebbe attestarsi su livelli analoghi, tanto da spingere l’Iea a parlare di “nuova normalità”. Per l’International Energy Agency si tratta, quindi, di un possibile nuovo standard di crescita, che però dovrà fare i conti con l’approvvigionamento di minerali critici e terre rare. Sono materiali fondamentali per il fotovoltaico e l’eolico così come per le batterie delle auto elettriche.
Lo scenario è complesso ed è stata la stessa agenzia a delinearlo in un report della settimana scorsa. Il messaggio? Bisogna mettere in sicurezza le catene di fornitura, creare riserve strategiche, puntare sul riciclo. Insomma, con policies lungimiranti e segnali chiari per gli investitori, la transizione energetica può essere salvaguardata.
Partiamo dalle buone notizie: stando ai numeri del Renewable Energy Market Update 2021 dell’Iea, le rinnovabili stanno superando di slancio la pandemia e nei prossimi anni cresceranno a un ritmo incomparabile rispetto ai livelli pre-Covid19. La parte del leone, anche per il 2020, è stata fatta dalla Cina. Con 137 gigawatt di nuova capacità, il Paese del Dragone ha coperto quasi il 50% di crescita delle energie pulite. Un dominio in via di ridimensionamento a causa della fine degli incentivi statali. Il calo cinese, tuttavia, sarà compensato innanzitutto dall’Europa, che si appresta a diventare il secondo mercato più grande al mondo per le rinnovabili. E poi Stati Uniti, India e America Latina. A guidare la classifica dei Paesi europei per nuova capacità installata è la Germania, seguita da Francia, Olanda, Spagna e Regno Unito.
L’Iea ha dovuto rialzare di oltre il 25% le stime diffuse lo scorso novembre. Quest’anno la nuova capacità installata dovrebbe attestarsi intorno ai 270 gigawatt per poi ritornare l‘anno seguente al picco di 280 registrato nel 2020. Solare fotovoltaico ed eolico trainano l’espansione delle rinnovabili. Nel 2020 l’eolico ha quasi raddoppiato la sua capacità arrivando a 114 gigawatt. A fronte di questo aumento considerevole, l’Agenzia prevede un rallentamento. Ma parliamo comunque di livelli del 50% superiori rispetto il triennio 2017-2019. Il fotovoltaico è invece in costante crescita e nel 2022 dovrebbe sfondare i 160 gigawatt.
L’espansione delle rinnovabili fa ben sperare sul raggiungimento degli obiettivi climatici. Ma questo quadro ottimistico può essere offuscato da previsioni allarmanti per ciò che concerne la domanda dei minerali necessari alle tecnologie per la transizione energetica. È stata la stessa Iea, a inizio maggio, a pubblicare un primo studio in cui delinea i pericoli di qui al 2050. Rinnovabili e mobilità elettrica richiedono quote crescenti di questi materiali, la cui produzione è concentrata in pochi Paesi, alcuni dei quali molto instabili e poco attenti alle esternalità negative come la Repubblica Democratica del Congo. Si rischiano colli di bottiglia e volatilità dei prezzi che possono inficiare il processo di decarbonizzazione dell’economia mondiale.
Al netto delle strumentalizzazioni di coloro che vedono in questo un argomento contro le rinnovabili, il tema è sicuramente strategico e ha implicazioni geopolitiche. Pur avendo un bilancio di risorse meno impattante rispetto alla produzione di energia da fossili, un sistema energetico basato su tecnologie verdi ha un bisogno maggiore di alcuni minerali definiti critici: litio, nichel, cobalto, manganese e grafite per le batterie; terre rare per turbine eoliche e motori elettrici; rame, silicio e argento per il fotovoltaico; ancora rame e alluminio per le reti elettriche.
Se vogliamo raggiungere la neutralità climatica, quindi emissioni zero nel 2050, la domanda complessiva di questi materiali salirà di sei volte già entro il 2040. In uno scenario di innovazione meno spinta, ma sufficiente a rispettare l’accordo di Parigi del 2015, la domanda tra vent’anni si moltiplicherà comunque per quattro. La short list dei materiali più ricercati nelle prossime due decadi vede al primo posto il litio, la cui domanda potrebbe essere 40 volte quella attuale. Seguono grafite, cobalto e nichel, fondamentali per la mobilità elettrica e lo storage, con aumenti dell’ordine di 20-25 volte. Per la prevedibile massiccia elettrificazione servirà un apporto più che doppio di rame.
L’Agenzia internazionale dell’energia non denuncia una scarsità di risorse. Tutt’altro. Giacimenti ce ne sono in abbondanza, ma i progetti minerari richiedono molti anni, in media oltre 16, tra l’esplorazione e la produzione vera e propria. Inoltre sono concentrati in poche aree geografiche. Il 70% del cobalto utilizzato a livello globale arriva dalla Repubblica Democratica del Congo. Il 60% dell’estrazione di terre rare avviene in Cina. Qui si trovano anche considerevoli riserve di litio, anche se i due Paesi leader nella produzione sono Australia e Cile. La Cina invece domina il mercato della lavorazione di molti minerali, con quote che vanno dal 35% del nickel a quasi il 90% delle terre rare, passando per un livello compreso tra il 50 e il 70% rispettivamente per litio e cobalto. Non è un caso se è considerata la “fabbrica del mondo” anche per batterie elettriche e moduli fotovoltaici.
“Le sfide non sono insormontabili”, ha dichiarato il direttore esecutivo Iea, Fatih Birol, “ma i governi devono dare segnali chiari su come intendono trasformare in azione i loro impegni sul clima. Agendo ora e agendo insieme, possono ridurre significativamente i rischi di volatilità dei prezzi e interruzioni delle forniture”. L’Agenzia internazionale dell’energia suggerisce sei azioni chiave: indirizzare gli investimenti verso nuove catene di fornitura; promuovere l’innovazione tecnologica in tutte le fasi della filiera, dall’estrazione al recupero; potenziare il riciclo che, allo stato attuale, può contribuire a ridurre la domanda di minerali al 2040 del 10%; promuovere la resilienza delle catene di fornitura, anche considerando l’opportunità di accantonare riserve strategiche; prevedere meccanismi premianti per i produttori più attenti alle implicazioni ambientali e sociali; promuovere la collaborazione tra produttori e consumatori.