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Solo Dio Perdona o l’elogio all’inazione

Creato il 09 giugno 2013 da Irene_snapi @irene_snapi

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A mia discolpa ho da dire che Only God Forgives – Solo Dio Perdona, è a mio parere un cazzo di film di quelli che rimangono abbastanza impigliati nell’immaginazione e nella coscienza di chi ci pensa a posteriori; a parte ciò, la mia recensione è assolutamente lungi dall’essere completa poiché il regista danese Nicholas Winding Refn l’ho conosciuto solo grazie al precedente Drive (masterpiece), e ohimé non ho visto gli altri film (ad esempio Valhalla Rising o Bronson), quindi non potrò fare un vero e proprio raffronto con l’opera completa.

Ad ogni modo, sempre che non mi abbiate già abbandonato a causa delle mie lacune (in tal caso comunque vi capirei), a mio parere il film è estremamente ostico per contenuti e forma ma è anche una delle più belle cose che io abbia visto al cinema da molto tempo a questa parte (dove per “vedere” intendo propriamente “vedere”, non seguire una storia, una trama)  limitatamente all’aspetto visivo, assolutamente preponderante in questo film e anche funzionale a seguire i risvolti della trama, ma proprio per questo motivo forse auto-limitativo in merito alla fascia di pubblico che lo possa apprezzare (insomma, tutti i cinefili cresciuti a pane e Marvel, nasi arricciati da speranze infrante di botte e cazzotti).

La fotografia, di Larry Smith, è a tutti gli effetti la protagonista del film, che infatti è dedicato a Jodorowsky, maestro delle atmosfere distorte e artificiali: luci e ombre scagliate ovunque a disegnare forme geometriche, intarsi e a rendere tremendi e bellissimi come dei greci i personaggi. E la loro caratterizzazione è infatti estremamente stilizzata come quella della mitologia greca: il Julian interpretato da Ryan Gosling è un Edipo, perdente e addirittura incapace di redimersi in nessun modo se non privandosi della sua stessa virilità, una castrazione esteriore e tattile, violenza e punizione che non si scagliano sugli occhi come in Edipo (che se li cavava da solo) ma sulle mani, nuovo nucleo della sessualità e della virilità, punizione che oltretutto Julian, al contrario del mito greco, non si infligge da solo, ma che si fa infliggere dal suo nemico, in un atto di suprema sottomissione e sconfitta.  Certo, a questa lettura non ci si arriva tuttavia immediatamente come era immediata la lettura del precedente Drive: Gosling lì era l’eroe e adesso è come se, vedendolo in questa nuova pellicola, non si riuscisse a concepire il fatto che è all’opposto, che è un antieroe, un perdente, è troppo bello, è troppo misterioso, è troppo granitico per essere un perdente.

Kristin Scott Thomas è la migliore del cast: un’Atena feroce e indomita, vendicatrice e coraggiosa, lei che almeno affronta il nemico e lo insegue, dea della guerra contro una legge suprema, quella interpretata dal poliziotto onnipotente Chang (Vithaya Pansringarm), invincibile e svilente.

Refn dirige un’antitesi del film d’azione, un elogio all’inazione, fa uso della violenza sempre in modo ragionato a livello d’immagine, non è assolutamente violenza gratuita quella che si vede nel film, come ho letto da molte parti, anzi, è il motore del film, senza di essa non ci sarebbe trama, non ci sarebbe altro, ed è quindi estremizzata e necessaria, anche se non spettacolarizzata. Anche la musica non la fa da padrona come in Drive, anche se a curarla c’è sempre Cliff Martinez, accompagna, ma non invade. Unico elemento di contatto tra Drive e questo è, a mio parere, la vicinanza al cinema di Kenneth Anger, in Drive palesemente citato, qui più presente inconsciamente, a livello visivo, nei colori; nei quadri invece la staticità è propria del cinema orientale, la costruzione geometrica per quadri, la regolarità anche nelle scene più movimentate resa dal montaggio (la scena della sparatoria nel bar, esemplare da questo punto di vista).

Certo, non lascia la voglia di farsi rivedere una seconda volta (causa, per parte mia, anche di una scena di violenza legata agli occhi, citazione, forse, al Bunuel di Un Chien Andalou ma per me assolutamente dolore fisico), ma di certo non lascia indifferenti…



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