Parte oggi una nuova rubrica (che chiameremo amichevolmente Ponzoscopio, ringraziando Fabry per l’input) il cui obiettivo è dare un senso alle miriadi di film che ormai vedo ogni settimana grazie a Grande Cinema 3. In pratica, tutte le settimane il naso di Teresa Mannino e Raul Bova si fanno trovare all’ingresso dell’UCI Cinema di Assago e mi pagano il biglietto. Figo, vero? La rubrica in questione sarà uno spazio dedicato alle recensioni cinematografie, della quale fin da ora mi scuso con chi di cinema se ne intende veramente.
Inauguriamo questo spazio a base di popcorn e Coca Cola formato Jumbo con Solo Dio perdona, attesissimo (da tutti i fan delle braccia di Ryan Gosling) film, girato dal regista di Drive. Ho scelto di andarlo a vedere probabilmente obnubilato dal trailer, dove le immagini si susseguono veloci, mentre sullo sfondo appare sempre più chiaro che il fil rouge della pellicola è la vendetta (per gli stupidi come me che non lo avevano intuito già dal titolo).
Peccato che il ritmo del film sia in realtà un quarto di quello del trailer, tanto per cominciare. Solo Dio perdona sembra un grande esercizio di masturbazione cinematografica, in cui le atmosfere thai (ovviamente ho capito che era ambientato in Thailandia solo a metà film) di Bangkok sono fin troppo cupe e la trama quasi del tutto assente. Che poi ci può anche stare se sullo sfondo hai una Roma più stupenda che mai come ne La grande bellezza di Sorrentino, ma qui stiamo parlando dei bassifondi di Bangkok. Che ancora devo capire in che cosa si differenziano da quelli di Cesano Boscone.
La trama, in due parole perché sono più che sufficienti, ve la racconto io. Julian (Ryan Gosling) e il fratello vivono a Bangkok e gestiscono un club di pugilato. Ma come tutti i club di pugilato, serve solo per nascondere i traffici illeciti della famiglia criminale. Un giorno il fratello esce di testa e uccide una ragazza di strada. Apriti cielo! Non l’avesse mai fatto! Da questo momento in poi si innesca un turbinio di eventi (in realtà abbastanza piatti) che vedono protagonisti Julian, un poliziotto molto incazzato e la madre di Julian.
La violenza gratuita, al contrario di quella vista nei film di Tarantino, sembra fin troppo reale. Per capirci, una volta che un braccio viene tranciato di netto, questo non si mette a spruzzare sangue ovunque, in una sorta di squirting di succo di pomodoro a cui ci ha ormai abituato Quentin, ma si comporta proprio come un corpo umano si comporta nella realtà.
Unica nota positiva è la presenza di un’immensa Kristin Scott Thomas che interpreta il ruolo di una madre senza scrupoli che arriva in Thailandia per prendere in mano la situazione dopo l’omicidio del suo primogenito.
Alla fine, uscito dalla sala, avevo solo una gran voglia di cibo thai e di dimenticare questo film. Niente di più.
Ma ora veniamo ai giudizi (ringrazio Filodrama che mi ha aiutato a mettere in piedi questo sofisticatissimo sistema di valutazione, lui che di cinema se ne intende per davvero e che, probabilmente, dopo aver letto questo post avrà gli occhi sanguinanti come una Madonnina di Civitavecchia qualunque).
CHIPS e CHEAP: Assolutamente CHIPS Kristin Scott Thomas che interpreta la madre che tutti vorremmo avere. CHEAP la sceneggiatura e la regia da primo della classe che però “non mi arriva” e soprattutto ANCHE MENO.
Livello di SHAZAMMABILITÀ: molto basso. A meno che vi piaccia il genere “Karaoke indocinese”.
Livello di BONAGGINE DEL CAST: discreto. Se da un lato Kristin Scott Thomas è una figa per chi ama il genere MILF, dall’altro mi dispiace deludere tutte le fan e i fan di Ryan Gosling e delle sue braccia, che rimangono coperte per quasi tutta la durata del film. Per il resto poco da segnalare, a meno che vi piaccia il genere “Asian” (e a giudicare dalla classifica di Youporn siete in tanti).
Quanto dura/quanto sarebbe dovuto durare: Circa 9o minuti / 30 minuti sarebbero stati più che sufficienti. L’uso del fast forward non è mai stato così sottovalutato.
GIUDIZIO COMPLESSIVO: Una sola Anna Praderio su cinque.
[Manda Così è (se vi pare) in NOMINESCION]