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Somalia amara e dimenticata / Accordi di Garowe

Creato il 12 maggio 2012 da Marianna06

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Noi italiani dovremmo avere una particolare attenzione per le “cose” somale, non fosse altro che per ragioni storico-politiche neanche tanto lontane nel tempo.

Invece di Somalia, a casa nostra, se ne parla sempre troppo poco oppure non se ne parla affatto.

Il panorama politico somalo continua a  rimanere intanto complesso, a prescindere dai pesanti disagi che vive giornalmente la popolazione civile,che è già cosa gravissima in sé, anche ora che sembrava si fosse giunti  al punto di mettere un po’ d’ordine e forse garantire un po’ di  pace.

E mi riferisco agli accordi di Garowe che, entro agosto, dovrebbero essere rispettati con il beneplacito della comunità internazionale.

Ma il presidente del Puntland, Mohamud Farole, è già pronto a mettere i bastoni tra le ruote di una macchina che incede, già di suo, stentatamente e con molta fatica.

Egli, infatti, non ha fiducia in ciò che si sta convenendo e teme danni e scorrettezze per sé  perché, a suo avviso, le spartizioni dei territori, quelli ad esempio a nord, dove c’è petrolio, favorirebbero alcuni a discapito di altri e tutto  questo grazie a pressioni politiche forti  in atto da sempre.

E l’uomo delle pressioni è  Sheikh Sharif e il suo gruppo di potere, che conta, a detta di Farole, di buoni appoggi internazionali.

Pertanto Farole domanda una riunione d’emergenza a Nairobi o ad Addis Abeba dei protagonisti della Road Map, perché i politici somali e le personalità politico-diplomatiche di calibro internazionale interessate possano discutere seriamente il “caso”.

Sarà fatto ? Non lo sappiamo.

 Probabilmente sì. E noi ci auguriamo che avvenga nella maniera la più indolore possibile.

Ma ciò significa continuare, comunque, ad alimentare dissensi tra le diverse regioni del Paese e i differenti clan lì egemoni, e suscitare inoltre contrapposizioni, anche violente, piuttosto che lavorare  alla costruzione di un futuro Stato federale, garante dei diritti di tutti i somali, com’era negli intenti iniziali.

Per di più è giusto ricordare, a proposito di Somalia, paese islamico, le difficoltà che vive ancora oggi la minoranza cristiana presente su quel territorio.

 Particolare non trascurabile di questi tempi se si guarda per un momento a cosa sta accadendo tra gli islamisti nell’Africa sub sahariana e non solo.

Infatti con l’Islam di quelle parti, l’Islam somalo, non si scherza affatto quanto a tolleranza nei confronti di altre confessioni religiose.

Per le Corti islamiche, finora dotate di pieni poteri, non esiste conversione alcuna- dicono gli esperti-  ma solo apostasia per chi volesse passare dall’Islam al Cristianesimo.

 E, dunque, per costui o costei la soluzione finale, una volta individuato/a, è quella della condanna a morte sicura.

Alcune fonti riferiscono di almeno un migliaio di cristiani, da dieci anni a questa parte, condannati a morte sommariamente e con l’imputazione, appunto, di apostasia.

In poche parole i cristiani di Somalia vivono come animali braccati costantemente.

Anche questo problema, per quanto difficilissimo da affrontare e certo non agevole da risolvere, ottimisticamente parlando solo forse a piccolissimi passi e in tempi lunghissimi, deve comunque allertare la comunità politica internazionale prima che essa prenda certe decisioni.

Occhi e orecchi ben aperti, dunque. Non esistono solo affari e petrolio.

 

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

  

   In basso la cartina geografica indicante la Somalia e il Puntland

  

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