Pur conoscendo la complessità della situazione somala, che da pochissimo ha finalmente insediato un presidente eletto dalla sua stessa gente e che, per moltissimi anni, dopo la fine del regime di Siad Barre, ripetutamente preda di bande di islamisti, ha vissuto una instabilità politica senza precedenti, fa ugualmente impressione essere messi a conoscenza delle ripetute uccisioni di chi in quel contesto prova a fare un po’ d’ informazione non partigiana.
E molto spesso si tratta di operatori dell’informazione, anche blogger, che lavorano quasi sempre per pochi soldi o, addirittura, gratis.
Pare che i giornalisti uccisi dall’inizio dell’anno in Somalia , secondo fonti attendibili, siano almeno quindici. E non sono pochi.
Ultimi, in ordine di tempo,un reporter trovato morto a Huriva, un quartiere a nord di Mogadiscio e, sempre lì, un altro freddato da un’auto in corsa sotto gli occhi dei passanti.
Rispettivamente di 32 e di 26 anni.
Possiamo parlare, perciò, di autentiche esecuzioni.
Il sindacato dei giornalisti somali (Nusoj) ha chiesto subito la ricerca seria e la punizione esemplare per chi si è reso responsabile di questi omicidi.
E l’appello è stato rivolto in particolare al nuovo presidente somalo, Sheik Hassan Mohamoud, anche e sopratutto per i casi pregressi, che sono tanti, e su cui anche i Rapporti di Amnesty International, negli anni passati, avevano cercato di convogliare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, perché si corresse in qualche modo ai ripari.
La morte dei giornalisti in Africa e la chiusura immediata di giornali, radio e tv private, che osano dissentire dal potere in carica, sono frequentissime e ne abbiamo già parlato, ultimamente, anche a proposito del Madagascar, dove parimenti c’è una situazione politica ingarbugliata e,ogni giorno, nel caos più totale, si annunciano golpe militari, che poi sono sistematicamente smentiti l’indomani.
E ancora, è notizia di qualche giorno fa,anche la chiusura di un quotidiano di opposizione in Tchad e la prigione garantita per il giornalista,che si era reso reo di dissentire apertamente dalla politica del presidente filo-francese, Idris Debry, che da sempre privilegia soltanto i propri interessi, come hanno sempre fatto e continuano a fare tutti i “fantocci” dell’Eliseo, incurante di affamare la propria gente.
Per la libertà d’espressione in Africa,argomento delicatissimo, che sbarra la strada a qualunque discorso di natura democratica, occorre allora una campagna martellante, che smascheri al mondo intero i tiranni ingordi, o coloro che si preparano a diventarlo, e doni un po’ di giustizia alle vittime.
Giornalisti, blogger e gente comune.
Basta,dunque, con l'accettazione di un "certo" stato di cose.
Basta, con omicidi e carcerazioni assurde.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)