Di Rosalba Caruso. E’ accaduto venerdì scorso, nella città di Brava, a 180 chilometri a sud della capitale Mogadiscio, zona controllata da un gruppo di integralisti islamici. Si tratta di Safiyo Ahmed Jim’ale, 33 anni, condannata dalla corte islamica di Al-Shabaab per aver contratto 3 matrimoni con tre soggetti diversi, vicendevolmente inconsapevoli dei rapporti.
La donna è stata giustiziata da una folla di militanti davanti a decine di persone. Uno spettacolo straziante: Sofia è stata immersa in una buca di terreno, lasciando fuori solo la testa bendata. Le file di militanti e alcuni residenti, a volto coperto, l’hanno colpita con i sassi fino al momento in cui ha esalato l’ultimo respiro. Alcuni presenti hanno vomitato.
L’esecuzione è avvenuta in campo aperto alla presenza del governatore regionale Shabaab, che prima della lapidazione ha dichiarato che la stessa donna, accusata dai mariti, avrebbe confessato. Secondo il giudice Sofia avrebbe aggiunto di essere pronta alla condanna per assicurarsi il perdono di Dio. La corte degli Shabaab non ammette rappresentanza legale per gli imputati né possibilità di presentare appello contro il verdetto.
Secondo la legge islamica la donna si era macchiata di un gravissimo delitto: aver invertito i ruoli tra uomo e donna, secondo l’interpretazione radicale della Sharia. Per la legge la poligamia è vietata alle donne.
Il gruppo Shabaab, che assicura la sua lealtà ad Al Qaeda, è protagonista di una campagna militare per imporre nel Paese la stretta interpretazione della Sharia, la legge islamica. Respinti dalla forza multinazionale dell’Unione Africana e dall’esercito regolare da molte aree della Somalia, soprattutto nel centro e nel sud, i militanti mostrano così la propria autorità nelle regioni ancora sotto il loro controllo.