Magazine Cultura
Il 21 novembre la Universal pubblicherà la ristampa deluxe di Some Girls il più venduto disco dei Rolling Stones datato 1978. Se le ristampe di lusso di Exile On Main Street hanno dovuto aspettare 38 anni, per Some Girls il tempo si è ridotto a 33. Sono state pubblicate a poco più di un anno di distanza l’una dall’altra ma per Exile la presentazione era in pompa magna mentre per Some Girls si è scelto una operazione più sbrigativa. Pubblicate una di seguito all’altra senza tenere conto della reale cronologia discografica (ci sono altri tre album tra loro) i due dischi costituiscono un continuum di qualità all’insegna del miglior rock n’roll targato Stones.
In mezzo ai due dischi menzionati ci sono altri album e canzoni altrettanto famose (Angie, Star Star, It’s Only Rock n’ Roll, If You Can’t Rock Me, Fingerprint File) che sono state per lungo tempo nelle scalette dei concerti e Black and Blue nel 1976 dimostrava che gli Stones stavano già mangiando i frutti “esotici” del reggae e dei ritmi centroamericani ancora prima che Londra li importasse e Bob Marley diventasse una star ma raccontare col senno di poi i Rolling Stones al meglio della loro discografia significa saltare da Exile a Some Girls by passando i tre dischi di mezzo.
Continuare ad essere la più grande rock n’ roll band del pianeta con due dischi ed una dipendenza da eroina (Keith Richards) da gestire mentre il resto (progressive, art-rock, glam e punk) nasceva, diventava famoso, faceva tendenza e moda, riempiva i giornali, vendeva milioni di dischi e poi sfioriva. Altro che le abilità bancarie del principe Rupert Loewenstein il loro manager finaziario, ci vuole un solido patto col diavolo da intimidire lo stesso Robert Johnson e soprattutto una fortuna sfacciata per continuare a rimanere al top come hanno fatto i Rolling Stones in quegli anni.
Some Girls viene offerto (si fa per dire) in più formati, c’è la solita Super DeLuxe Edition per patiti con 2 CD, vinile, DVD di 30 minuti, singolo (Beast Of Burden/When The Whip Comes Down) e libro di Anthony DeCurtis e c’è la normale versione a due CD per i comuni mortali. Il primo CD prevede la versione rimasterizzata dell’originale Some Girls, un disco che ancora oggi brilla per freschezza ed energia, un ritorno ai canoni del loro rock n’roll tinto di blues e ballate dopo un periodo di appannamento con in più una sferzata di rabbia punk (Lies, Respactable, When The Whip Comes Down) e di malizia disco (Miss You) tanto per dimostrare che potevano cavalcare indifferentemente le due mode del momento con la maestria dei primi della classe.
Il secondo CD che è la vera novità dell’operazione suona finalmente come un disco vero e proprio, quasi fosse un nuovo album e non la solita raccolta di out-takes, come era successp per Exile On Main Street. Qui c’è una logica ed un senso diverso, c’è una sequenza equilibrata di rock n’roll, blues e ballate e perfino il consueto pezzo cantato da Keith Richards che compongono la dinamica di un vero e proprio album. Il materiale è eccellente, i brani (ad eccezione della conclusiva take di Petrol Blues ) finiti e rifiniti, la qualità audio sorprendente tanto da far sorgere il dubbio che sia stato fatto un recente restyling . In definitiva non ci sono delle canzoni “perse e ritrovate” e qualche prototipo rammendato al meglio, no, qui c’è un altro album degli Stones, un prequel o un sequel di Some Girls, che se fosse uscito al tempo avrebbe costituito il collante ideale con Tattoo You, alla faccia di Emotional Rescue.
Il disco nuovo si apre con Claudine, brano che è circolato nei bootleg, registrato nel marzo del 1978 negli studi Pathè-Marconi di Parigi. Trattasi di uno scorrevole rock n’roll con un ritmo vagamente honky-tonk dove Jagger canta senza urlare e le chitarre fanno il resto. Trae spunto dalla storia di Claudine Longet una cantante francese che sposò Andy Williams nel 1961. Divorziarono nel 1975. Un anno dopo avrebbe ucciso il suo amante ad Aspen in Colorado. Il suo avvocato, con cui si sposò nel 1986, la difese con successo e fu condannata solo per omicidio colposo. La canzone scritta da Richards su di lei fu considerata troppo esplicita al tempo per essere pubblicata.
La seguente So Young è blues/rock alla maniera delle cover che gli Stones facevano nei loro primi album. Il pianoforte (Ian Stewart ?) fa il boogie-woogie e Jagger canta da manuale ripetendo all’ossessione so young come se fosse lui il/la giovane in questione. Chitarre in spolvero e Stones come li amiamo. Non è l’unico blues del disco: When You’re Gone sembra I’m a King Bee di Slim Harpo con tanto di armonica al seguito, Keep Up Blues è nera come la pece, entra subito in circolo, magistrale nella sua semplicità eppure ancora moderna pur pervasa dallo spirito antico e affascinante del blues. Petrol Blues è solo una take di un minuto e mezzo, chiude il disco ed è mozzata come se qualcuno avesse improvvisamente spento il Revox. E’ un demo e si sente.
Della serie it’s only rock n’roll fanno parte Tallahassee Lassie titolo di un brano di Freddie Cannon del 1959 che occhieggia spudorato a Chuck Berry e le parole dolci di I Love You Too Much, suono pulito, riff di marca e batteria secca come un Martini dry. E’ routine ma di classe. Del tutto diverso Don’t Be A Stranger, un mezzo-tempo col basso in evidenza, la batteria che è un fuscello, la chitarra acustica e le marimba. E’ sinuosa, calda ed emana mexican flavour, più che gli Stones sembra roba da Willy DeVille periodo latino.
Le ballate sono una parte sostanziosa del disco con lo spirito di Gram Parsons che aleggia sopra. Do You Think I Really Care cita senza mezze misure Gram Parsons e i Flying Burrito Bros mettendo in viaggio gli Stones su una freeway americana. Viene in mente Dead Flowers e le atmosfere on the road di Sticky Fingers, Jagger è superbo. Sempre lui canta in No Spare Parts, ritmo lento, cuore spezzato, miele e polvere, un country-western che fa eco alla Following The River delle out-takes di Exile.
In You Win Again si aggiungono anche i violini e l’aria diventa inconfondibilmente nashvilliana. Sembra Far Away Eyes ma invece è una cover di una nota canzone di Hank Williams. La faceva Keith Richards nel disco tributo Timeless (2001), qui la canta Jagger mentre Richards fa sua We Had It All pallida e lenta ballata che mischia malinconia, dolcezza, armonica e lap-steel in giusta dose.
Dodici tracce di tre/ quattro minuti ciascuna per un totale di 42 minuti di musica eccellente.
DVD
Contemporaneamente alla ristampa di Some Girls vengono messi sul mercato il DVD + CD di Some Girls-Live in Texas 1978 cronaca del concerto che i Rolling Stones tennero il 18 luglio del 1978 al Will Rogers Auditorium di Forth Worth. Fa parte del tour americano che seguì la pubblicazione dell’album, venticinque concerti in 24 città nel giro di un mese e mezzo che “insanguinarono” gli Stati Uniti toccando la East Coast, il sud, il Colorado, l’ Arizona e la California. Un tour breve ed intenso, l’ultimo degli anni settanta, sarebbero difatti ritornati on the road solo nel 1981 dopo l’uscita di Tattoo You.
Sul palco i cinque (ma ci sono anche Ian McLagan e Ian Stewart) si presentano in modo diverso da come li avevano consacrati i leggendari tour della prima metà degli anni settanta. L’innesto di Ron Wood al posto di Mick Taylor ed il ritorno ad un “basico” rock n’roll priva lo show dei brani lunghi e rocamboleschi che erano stati l’ ossatura del Tour of The Americas del ’75 e dell’ American Tour del ’72. Basta con Street Fightin’ Man, Midnight Rambler, You Can’t Always Get What You Want, Gimme Shelter, Sympathy For The Devil , ridotto lo spettacolo scenografico e le divagazioni chitarristiche alla Taylor, adesso è it’s only rock n’roll, secco, adrenalinico, viscerale. I brani di Some Girls dettano i tempi dello show, Wood è un chitarrista fulmineo che trae dalla sua slide l’essenza del Delta blues, gli assoli sono veloci e concisi, il feeling tra Wood e Jagger è al massimo e quest’ultimo cavalca la moda punk vestendosi con pantaloni neri di pelle, sneakers e t-shirt con la scritta destroy. I Sex Pistols sono dietro l’angolo ma gli Stones suonano per davvero. Richards si è appena disintossicato e non ha pause, Ian McLagan è meno ridondante di Billy Preston con le tastiere, Charlie Watts e Bill Wyman non fanno una piega, sono l’ impassibile sezione ritmica di un set al fulmicotone. Il DVD è una chicca e testimonia degnamente i lavori in corso, dirige Phil Davey, ottime immagini (fate conto che la tecnologia è quella del 1978) e soprattutto una qualità audio eccellente, meglio di Ladies and Gentlemen , il video che li ritraeva nel ’72 sempre a Forth Worth.
Se Ladies and Gentlemen rimane la bibbia incontrastata degli Stones più selvaggi e pericolosi, Some Girls-Live In Texas 1978 offre una band che si riprende il suo passato, quel sound agro, schietto ed immediato dei concerti degli anni sessanta, un rock/R&B che recupera in urgenza e asciuttezza attraverso uno sferragliare chitarristico spurgato di lentezze, virtuosismi, compiacimento. Scrive Chris Welch sul Melody Maker “Jagger ha dato tutto, dal sesso alla violenza, nello spettacolo migliore degli Stones che possa ricordare dal festival jazz di Richmond nel 1963. La sezione ritmica è nettamente migliorata e modernizzata”. Gli fa eco Billboard “né sprazzi né espedienti, solo rock n’roll”.
E cosi è. Live In Texas 1978 è la splendida e unica testimonianza di quei giorni e di quel tour, l’ultimo degli Stones con una parvenza di non studiata spontaneità. Mick non si è ancora convertito allo jogging e si limita ad essere la più eccitante singing bitch che i palchi rock abbiano mai ospitato, è volgare e sexy, si tocca il pacco, si tocca il culo, tarantola come Johnny Rotten, finisce lo show a torso nudo come Iggy Pop. Richards riappare da un altro mondo, l’assolo di Telecaster in Star Star è il surrogato della sua arte con la chitarra, Ron Wood giostra Gibson e chitarre metalliche con la spavalderia di un Faces e il rigore di un bluesman.
Le canzoni sono un concentrato di rock n’roll, R&B, glam e blues. Miss You dimentica di essere nata in discoteca e con tre chitarre in action (c’è anche quella di Jagger) diventa garagista, Just My Immagination è come ti trasformo il Detroit Sound in un terribile puzzo di funky, Shattered e Respectable sono punk rock di classe sopraffina, Happy e Sweet Little Sixteen omaggiano Chuck Berry, Honky Tonk Woman è da brividi, così come Love In Vain dove Jagger regala una memorabile interpretazione di blues, When The Whip Comes Down è la frusta dello show. Il concerto si apre con All Down The Line e si chiude con Brown Sugar e Jumpin’ Jack Flash, in mezzo solo due ballate, la incommensurabile Beast Of Burden e Far Away Eyes con Jagger al piano e Wood alla lap steel. Diciassette brani, 90 minuti di puro rock n’roll, godimento assicurato. I Rolling Stones come non li avete mai più visti.
MAURO ZAMBELLINI NOVEMBRE 2011
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