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Something is ending and something begins.

Creato il 01 gennaio 2012 da Stregonestregato @ppstronzi

Una convenzione, un momento perso tra tanti nell’incessante scorrere del tempo. Un attimo a cavallo tra un 23 e 59 ed una sfilza di zeri. Un secondo di vuoto, di speranza, di respiro che si ferma, di mani che si stringono, di bocche pronte a bere, di occhi festosi, di botti che stanno per tuonare, riducendo la città a un luogo che sembra di guerra, dissolvendo denari in un’esplosione che dovrebbe simboleggiare gioia.

Quell’attimo, definito, impalpabile come per sua natura, sfuggevole.

Ho spesso immaginato di poterlo rallentare e cristallizzare per goderlo appieno e comprenderlo, osservando le facce dei miei familiari, delle persone che sono pronte a urlare “Auguri” in modo automatico, per visualizzare i loro desideri, i loro pensieri, tutto quello che si aspettano dal nuovo anno e che vorrebbero lasciare indietro. E soprattutto le loro paure.

Alla fine è un attimo uguale a tutti gli altri e al quale abbiamo dato significati illusori, assecondando la nostra propensione umana alla celebrazione.

Per me che vivo male l’idea del tempo che passa, questo piccolo e preciso momento, ha sempre significato più di quello che ho sempre voluto far vedere. A 7 anni, ricordo che nel passaggio dall’88 all ’89 cominciai a frignare senza pietà, argomentando discussioni filosofiche sulla malinconia e sul fatto che quell’anno appena trascorso non sarebbe tornato più. Non so come mia madre non abbia deciso di farmi cominciare un percorso di analisi allora.

Quest’anno, però, tutto è passato in secondo piano. Sarà che proprio queste feste per me hanno rivestito poca importanza o meglio, avvertendole poco. Distratto, confuso, in piena rivalutazione della mia vita all’alba dei trent’anni, non ho avuto modo di ritrovare il bambino che è in me all’ombra del mio alberello di Natale e delle lenticchie e del cotechino.

Che, a proposito, continuo a ingurgitare a cucchiaiate dicendomi: “figurati se le lenticchie portano soldi, che stronzata, ma nel caso, non vorrei averlo fatto“.

Ieri ho un po’ cristallizzato quell’attimo e l’ho anche prolungato, estendendolo e perdendolo in un’emozione.

Dalla mezzanotte alle due, quel momento è stato stringere la mano di mio nonno, soffermarmi nei suoi occhi e cercare di fargli capire il ruolo che ha giocato per me, in questo momento così difficile per lui.

La sua presa, il suo sorriso rassegnato, le sue lacrime di commozione hanno annullato tutto ciò che mi circondava. Nemmeno i botti sono riuscito a sentire, ma solo la forza di un momento così puro e irripetibile, come se mi trovassi in una dimensione temporale a parte. Perché se ci pensiamo bene ogni avvenimento, è una combinazione di fattori casuali e assolutamente irripetibili che scrivono giorno dopo giorno la nostra storia e quello che noi, poi, chiamiamo destino. Non credo che sia già tracciato, ma credo anche che sia una linea unica che si forma secondo dopo secondo, esperienza dopo esperienza, definendo i propri contorni in maniera sempre più netta, nelle vicinanze del presente.

Un percorso che mi ricorda le ombre proiettate da un fuoco, mutevoli, veloci, dai contorni indefiniti. Una storia che un giorno sarà persa nel tempo, senza che nessuno ne abbia memoria e che non sarà nulla di diverso di un sogno o di un racconto mai avvenuto. Avvenimenti mai avvenuti. È buffo.

Qualcosa finisce e qualcosa inizia. Sarà sempre così. E così sia. E scusatemi per queste riflessioni, questo blog parla di me e asseconda i miei stati d’animo. Sono i miei piccoli pensieri. C’è il momento dei ragazzi nudi, delle cazzate, i momenti della rabbia e poi quelli un po’ più malinconici.


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