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Something like blablabla

Creato il 14 dicembre 2012 da Phoebe1976 @phoebe1976

Something like blablabla

sadness.jpgParlare non è difficile.

Io riesco a farlo anche in fila alle poste, col vecchietto che deve pagare il gas. O con la cassiera del supermercato, mentre implacabile srotola il nastro dei bollini per prendere i bicchieri e te ne dà solo tre.

Parlare mi è sempre riuscito facile. Da bambina non riuscivo a star zitta mai e mia madre riconosceva il momento della nanna obbligatoria esattamente nel momento in cui iniziavo a parlare a velocità doppia, come un mangianastri sbiellato insomma.

Ma se parlare mi è sempre riuscito facile, esprimere quello che mi porto dentro non lo è affatto.

Posso tenere simposi su materie affascinanti come il maglione a trecce dell’impiegato alle poste che fa raccomandate alla velocità della luce. Oppure addirittura una conferenza sulla penna più idonea per firmare una ricevuta (a punta fine, sennò viene un casino) e tenere una dotta conversazione sui gerani che ornano le balaustre della piazzetta e sulla loro possibilità di sopravvivenza con l’onorevole temperatura di -1°C. E sul meteo, uh sul meteo posso tenere un intervento da primo premio!!!

Ma quando devo dar vita ai miei pensieri più intimi, quando non si tratta di dar fiato ai denti e di sparare cavolate, ecco lì allora mi blocco.

Non ci sono mai riuscita, non raccontavo nemmeno a mia madre dei “fidanzatini” delle scuole elementari e l’unico uomo che ho fatto conoscere ai miei è stato l’Amoremio. Mi blocco, mi rimane tutto sulla punta della lingua e rimango zitta.

E quello che mi rimane è il silenzio, quello che crea sottesi grandi come macini, che non fa dormire e pesa sul cuore.

Le cose che ho dentro e rimangono appiccicate al palato, specie se fanno soffrire.

Mi urlano dentro e mi soffocano il petto, mi imbruttiscono più di quanto sia stato già concesso a Madre Natura. E mi scatta nel cervello la matrice de “Non è evidente?” come se tutte le persone a me care avessero libero accesso alle mie sinapsi e quindi già sapessero o comunque fossero in grado di vedere.

Il buoi oltre il baratro.

Il mostro che mi balla nel petto.

E quando finalmente esce fa male.

Fa male perché s’è sedimentato, depositato nell’anima, cresciuto e nutrito di rimuginanti pensieri e sgradevoli sensi di colpo.

Lo urli fuori ed è come vomitare.

E poi passa.

Passa?


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