Giro sul blog il comunicato diramato oggi dall’ufficio stampa di Verona Fiere. Si tratta della seconda parte dell’indagine demoscopica sui consumi di vino nei ristoranti italiani (la prima qui). Questa seconda tranche di numeri riguarda le preferenze dei ristoratori italiani, e quindi anche dei consumatori, in materia di generiche “bollicine”. La conclusione interpretativa di Vinitaly, punta sul fatto che l’exploit delle bollicine italiane sta trainando anche l’import di bollicine straniere, non solo francesi. La conclusione mi sembra, come dire, viziata da un eccesso di partigianeria nazionalistica. A me pare, invece, ma mi limito ai prodotti metodo classico, che da un paio d’anni a questa parte nei ristoranti e fra i consumatori italiani, ci sia stato soprattutto un exploit di Champagne; soprattutto di piccole maison minori ma comunque di valore, che riescono a raggiungere l’Italia a prezzi decisamente concorrenziali rispetto a quelli medi del metodo classico nazionale. Tanto per fare un esempio, i brindisi natalizi a cui ho partecipato in questi giorni di fine anno, sono stati per lo più “alla francese”. Comunque, al di là delle interpretazioni e del chi traina chi, una cosa a questo punto mi sembra sicura (ma lo sapevamo già): “bollicine” se ne bevono sempre di più. Italiane, francesi o australiane che siano. Soprattutto in tempi di crisi, quando i consumi di beni di “lusso accessibile” tendono fisiologicamente, e consolatoriamente, ad impennarsi. Champagne, e forse bollicine, compresi.
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Il crescente favore dei consumatori per i vini spumanti italiani traina anche la richiesta di quelli stranieri. Gli operatori della ristorazione adeguano le loro carte dei vini, inserendo un numero crescente di etichette e c’è anche chi “osa” e propone bollicine australiane, neozelandesi e cilene. La 46^ edizione di Vinitaly in calendario dal 25 al 28 marzo 2012.
Verona, 29 dicembre 2011 – Bollicine nel bicchiere: tra nuovo gusto dei consumatori per i vini più facili da bere e voglia di novità accattivanti, giovani e fresche, i vini spumanti italiani stanno facendo la parte del leone, trainando l’export del made in Italy enologico sui mercati di tutto il mondo. Ma nei ristoranti italiani l’offerta non si ferma alle bollicine nazionali, tanto che l’80% delle carte dei vini propone anche etichette straniere, contro un 20% che continua ad essere nazionalista convinto. Lo evidenzia la seconda partedell’indagine realizzata da Vinitaly su un campione di circa 300 operatori del settore rappresentativi di tutte le aree geografiche italiane, estrapolato dall’incrocio dei ristoranti segnalati dalle principali guide: Gambero Rosso, Il Golosario, Slow Food, L’Espresso, Jeunes Restaurateurs d’Europe. Il sondaggio, dal titolo “Vinitaly incontra la ristorazione”, è il primo di una serie che apre il dialogo tra il più importante salone internazionale del vino e una categoria particolarmente interessata ad “approfittare” delle occasioni offerte da Vinitaly per conoscere nuove cantine e diverse declinazioni del vino, per creare nuove tendenze del bere o assecondare quelle emergenti di consumatori sempre più curiosi.
Dei ristoratori che offrono alla loro clientela anche bollicine straniere, la quasi totalità sceglie la tradizione francese, ma c’è un 9% che propone bottiglie spagnole o addirittura, con grande intraprendenza, provenienti da Australia, Cile e Nuova Zelanda, oltre che dalle più vicine Germania, Austria, Slovenia e Croazia.
Passando dalla provenienza al numero complessivo di etichette di bollicine proposte, dall’indagine emerge che il 31% delle carte dei vini ne contiene fino a 10, il 22% fino a 25, il 27% fino a 50, ma c’è anche un 8% di ristoranti che ne ha in cantina oltre 100.
La propensione dei ristoratori a comprare bollicine straniere supera attualmente quella manifestata per le altre tipologie di vino. Il numero di chi offre bianchi, rossi o rosé non made in Italy, infatti, è più ridotta rispetto al dato emerso per i vini spumanti: se per questi ultimi i 4/5 dei ristoratori acquista all’estero, nel caso dei vini bianchi si scende al 63% e al 60% per i rossi, fino ad arrivare al 28% per i rosati. La Francia fa sempre la parte del leone, ma per i vini tranquilli la provenienza è più variegata.