«Ho chiesto di andare a Milano per poter lavorare nella comunità che abbiamo lì». Volta pagina, ancora una volta, Rossano Cochis, o Nanun, come pare che lo chiamasse Francis Turatello, uno dei boss della mala milanese degli anni ’70, lo storico amico-rivale di Vallanzasca con cui per anni ha diviso la scena criminale di mezza Lombardia. Ma di soprannomi Cochis ne aveva parecchi. Mandingo, per esempio. Ma anche “lo specialista del mitra”, come lo chiamavano i cronisti di quegli anni.
«Era l’uomo-mitra più strepitoso che abbia mai visto. Con quell’aggeggio faceva quello che voleva. Correva incontro a chi gli sbarrava la strada. Se ne fotteva che potessero essere in superiorità numerica. Da ex parà si buttava all’attacco e non faceva un passo indietro» diceva di lui Vallanzasca. Per Renato era semplicemente Ross. È con lui che aveva progettato e messo a punto il sequestro di Manuela Trapani, la figlia sedicenne del presidente dell’Inter.
Furti, sequestri, rapine. Acqua passata. Roba pesante, pesantissima, ma di oltre trent’anni fa. Poi l’arresto, il processo, la condanna. All’ergastolo. Ventisette anni di prigione e, nel 2002, la concessione del regime di semilibertà, per la maggior parte vissuto in Valtellina. Di notte in carcere a Sondrio, di giorno al lavoro al Gabbiano di Tirano. Vita nuova: mai più un solo problema con la giustizia. Difficile trovare qualcuno che abbia da dire qualcosa su un ospite tanto ingombrante e, tutto sommato, ancora inquietante.
Anzi, a Tirano si parla di Cochis come di uno che sta al suo posto, uno che rispetta le regole, una persona onesta. L’ultimo a stupirsi è lui, Rossano: «Onesto? Certo: quando facevo il bandito lo facevo in modo onesto, adesso che faccio la persona a posto faccio in modo onesto anche questo».
A Tirano l’ex membro della banda della Comasina, oggi sessantenne, non ha conosciuto soltanto nuovi amici, ma anche la donna con cui si è unito in matrimonio. Sarà anche per questo che c’è un po’ di nostalgia nell’addio alla Valle. «Io qui mi sono trovato sempre molto bene – racconta -, anche se, diciamolo, la gente di montagna è un po’ gnucca. E più vai in montagna più lo noti. Da ragazzo frequentavo le zone di Treviglio, anche lì è la stessa cosa. Se vai verso Morbegno, per esempio, è già diverso».
Fonte: La Provincia di Sondrio