vespa.
Il compito di un buon servo è di far quello chi io faccio sempre: eseguire i comandi del padrone senza indugio e di buona voglia. Sì, se un servo vuol servire il suo padrone secondo che egli desidera, bisogna che sia lesto nel soddisfare le necessità del padrone, lento nel soddisfare le proprie. Se ha sonno, schiacci pure un sonnellino, ma tenga sempre presente che è uno schiavo. Quando si è al servizio d’un padrone innamorato, ed è il mio caso, credo che il dovere d’un buon servo, se vede che il padrone è vinto dall’amore, sia quello di trarlo in salvo, non di spingerlo verso il precipizio. Come ai fanciulli cui insegnano a nuotare si mette una zattera di giunco, perché fatichino di meno, e nuotino e muovano le braccia con più facilità, allo stesso modo, io credo, il servo deve essere per il padrone innamorato la zattera che lo sostenga e gl’ impedisca d’andare a fondo come uno scandaglio. Impari a conoscere gli ordini del padrone, sì che i suoi occhi sappiano leggerne i desideri sulla fronte. S’affretti a eseguirne i comandi più velocemente d’una veloce quadriglia. Chi si prenderà a cuore quei comandi, eviterà d’essere censurato con un nervo di bue, e non farà mai brillare i ceppi per causa sua. Ora il mio padrone ama la figlia di quel poveraccio d’ Euclione e, siccome gli è stato riferito che oggi essa va sposa a Megadoro, mi ha mandato qui in osservazione, per essere tenuto al corrente degli avvenimenti. Ora, senza che alcuno lo sospetti, mi siederò qua su questo sacro altare. Di qua potrò spiare le mosse dell’una e dell’altra parte. (meditazione su: Strobilo di Liconide, solo. da La pentola del tesoro di Plauto).
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SENZA TITOLO
La società recidiva
senza occhi
senza voce
senza orecchie
reprime immensità di nuova vita
in metafore di vista, di urli, di udito.
La compagine povera che soffre
percepisce ciò che nessun potente
potrà mai imitare o soffocare.
Una nuova èra avanza
nell’aria e nel sangue
già volteggia e pulsa.
Nel sapere di chi non sa
l’alba e il tramonto
è ancora alba e tramonto.
Ma se il tramonto
si chiamasse alba?
E se l’alba
si chiamasse tramonto?
E se la morte della ricchezza
si chiamasse vita?
-Renzo Mazzetti-