5 aprile 2013 Lascia un commento
In realta’ i due libri sarebbero da intendersi come differenti capitoli di un solo progetto, complementari ed integrati l’uno dell’altro, rimandi o espansioni del medesimo soggetto.
Se la struttura ad intervista meglio si addice alla precisione e alla forma della biografia, un personaggio come Bene s’intende che lasciato libero di scrivere, si butti nel testo a modo suo in infiniti rimandi e deviazioni, teatrante e teatrale finanche sulle vicende della sua vita, interpreta con i suoi tipici slanci vocali realizzati su carta attraverso stili arcaici e talvolta complessi come a sottolineare che una lingua e’ poco per chi ha fatto arte della propria esistenza.
E’ che Carmelo Bene e’ Carmelo Bene, sempre, comunque, dovunque, trasversale ai media, superiore ad ogni formato che ne rappresenti le gesta , uno che del resto scrive come recita e recita come pensa e cosi’ come ha saputo piegare il teatro in forme totalmente nuove, egli piega lo stile stesso affinche’ meglio sappia raccontare e raccontarlo. Ecco quindi che emergono accenti e punteggiature, non sintattiche ovviamente ma sui cardini fissati di una vita complessa ed affascinante. Certo, la lettura del libro di Dotto aiuta a mettere a fuoco ragioni e storie ma che il nativo Salento o Lydia Mancinelli, tanto per ricordarne due, siano stati fondamentali lo si evince facilmente leggendo queste pagine sempre e comunque interessanti laddove il ricordo stilisticamente enunciato in similitudine col racconto, si mescola con vere e proprie disamine di uno spettacolo, di un testo, talvolta di un personaggio suo amico, collega o sodale.
Testo per -Bene- iniziati e non per iniziare, dal fascinoso gioco di avvicinare il grande Maestro scomparso prematuramente proprio laddove tenta di allontanarsi, parole come scudi che non spaventano il lettore attento alla sua storia.
Punto da arrivo da ripercorrere indietro a piacere.