Magazine Religione
“Sono i cristiani che sorreggono il mondo”
Il cristiano nel mondo secondo John Henry Newman e la Lettera a Diogneto
(continuazione 2 parte)
Il ricordo di Cristo
... Chi di noi non sente l’effetto del ricordo di una persona amata? Se siamo sposati e lontano dalla moglie o dal marito, il semplice pensiero del coniuge ce lo porta vicino, ci rallegra e sì, ci sprona nei nostri doveri e ce li allevia. Così dovrebbe essere per noi, quando pensiamo a Cristo. Il solo pensiero dovrebbe rallegrarci, ispirarci, spronarci. “Poiché l’amore di Cristo ci spinge” -dice San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi (5,14). Questo pensiero di Cristo non è necessario che sia esplicito, dovrebbe essere piuttosto una semplice consapevolezza del fatto che Cristo è con noi, un’abitudine a essere con Cristo, a vivere con Lui, ad amarlo. È questo pensiero di Cristo che tiene il cristiano staccato dal mondo. La santa Chiesa ha mantenuto lo sguardo al cielo fin dall’ascensione di nostro Signore. Ogni anno essa rivive i misteri della sua vita e morte. “Nel corso dei secoli”, dice Newman, “essa modifica la sua disciplina, aggiunge qualcosa alle sue devozioni, e tutto con il solo scopo di fissare il suo sguardo e quello dei suoi figli più pienamente sulla persona del suo invisibile Signore”. Se viviamo con la Chiesa, siamo vigilanti, aspettiamo il Cristo e non viviamo con il mondo. Siamo residenti in una terra straniera.
Il cristiano: perseguitato
Dopo un momento di sosta per riflettere un po’ sulla posizione dei cristiani nei confronti del mondo, Diogneto continuò a leggere: In una parola i cristiani sono nel mondo quello che è l’anima nel corpo. L’anima si trova in tutte le membra del corpo e anche i cristiani sono sparsi nelle città del mondo. L’anima abita nel corpo, ma non proviene dalcorpo. Anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile, anche i cristiani si vedono abitare nel mondo, ma il loro vero culto a Dio rimane invisibile. La carne, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio e muove guerra all’anima, perché questa le impedisce di godere dei piaceri sensuali; così anche il mondo odia i cristiani pur non avendo ricevuto ingiuria alcuna, solo perché questi si oppongono al male... L’anima è rinchiusa nel corpo, ma essa a sua volta sorregge il corpo. Anche i cristiani sono trattenuti nel mondo come in una prigione, ma sono essi che sorreggono il mondo... L’anima, maltrattata nei cibi e nelle bevande, diventa migliore. Così anche i cristiani, esposti ai supplizi, crescono di numero ogni giorno. Dio li ha messi in un posto così nobile, che non è loro lecito abbandonare ( Liturgia , p. 758s).
La persecuzione, individuale o collettiva, è stata la sorte della Chiesa fin dal principio, tanto che sembra essere un marchio della cristianità ed il motivo di questo si trova in quello di cui abbiamo già parlato: il cristiano non è di questo mondo. “Il mio regno”, disse Gesù a Pilato, “non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato” (Gv 18,36).
Chiedi a qualsiasi cristiano, allievo di una scuola pubblica oggi,
cosa è un cristiano, se lo vede vestire diversamente, parlare diversamente, non andare alle feste, rimanere casto, essere contro l’aborto e l’eutanasia, non seguire l’ultima moda? E qualora fosse riuscito durante la scuola secondaria a non compromettere il suo credo, possiamo congratularci con lui ma sappiamo, che la vera battaglia deve ancora cominciare. Pur tuttavia per ogni battaglia sono necessarie delle esercitazioni.
Questa battaglia, tante volte nascosta, è una battaglia dentro di noi e contro il nostro ego. “La battaglia è il vero contrassegno del cristiano,” Newman disse: “E’ un soldato di Cristo: di bassa o di elevata condizione, è questo e non è altro. Se avete domato interamente il peccato mortale..., non vi resta che aggredire i peccati veniali in voi; non c’è scampo, altro non rimane da fare, posto che siate soldati di Gesù Cristo” . Solo alla fine della sua vita l’Apostolo Paolo poté dire: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia
corsa, ho conservato la fede” (2 Tm 4,7). Certamente è questa lotta interiore che ci fortifica e ci rende adatti alla lotta esteriore e a perseverare di fronte alle avversità. La persecuzione dei cristiani arriva in molti e svariati modi, ma la risposta dei fedeli dev’essere sempre e dovunque la stessa: una rassegnazione ben disposta, contenta della nostra causa nelle mani di Dio e una sopportazione paziente delle prove che Egli ci dà. A questo non è necessario aggiungere altro. È evidente che noi nella Chiesa siamo in uno stato alquanto privilegiato rispetto a ciò che crediamo. La folla non lo comprende... Non abbiamo timore, dunque, di essere pochi tra molti nella nostra fede. Non temiamo l’opposizione, il sospetto, il rimprovero o il sarcasmo.
Iddio ci vede; e i suoi angeli ci custodiscono. Essi sanno che siamo nel giusto e testimoniano per noi;
e “ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire verrà e non tarderà. Il mio giusto vivrà mediante la fede” (Eb 10, 37-38) ( PS III , p. 270).(continua)