Domenica 23 novembre 1980, ore 19,35.
Novanta secondi e la mia terra non fu più la stessa.
Quei 90 secondi rasero al suolo le case antiche di paesi simili a presepi sparsi in Appennino ma anche moderne costruzioni in cemento. Quasi 3000 morti in quei paesi dove arrivò prima Pertini che i soccorsi.
"Fate presto"
La solidarietà fu la prima a rispondere a questo urlo del Mattino; giovani e meno giovani da tutta Italia arrivarono qui, a stringersi ai fratelli, ad aiutare, a piangere insieme.
Li chiamammo 'angeli del terremoto'.
Un gesto grande, il loro, quello di venire qui affrontando anche il rischio personale.
Qualcuno si chiede se oggi, in tempi di separatismi, verrebbero ancora.
Io credo di sì.
Ed è per questa gente che si va oltre le truffe di tutti i politici che grazie a quella tragedia si arricchirono in maniera ignobile.
Io avevo 23 anni e non capii subito la gravità dell'evento.
Ma chi arrivò già solo pochi giorni dopo lo capì eccome.
E lo raccontò ad un'Italia che nemmeno sapeva come qui da me l'inverno potesse essere freddo come al nord.
Fra le tante, ho scelto le parole di Alberto Moravia e un estratto del suo articolo 'Ho visto morire il sud', uscito sull'Espresso il 7 dicembre 1980.
Dedicato a chi non è stato fortunato come me, che sono qui a raccontare quei giorni.
IRPINIA. L’elicottero è un mezzo noioso, si sta sospesi sul paesaggio come da un balcone semovente; ma è certamente un mezzo istruttivo. Dall’elicottero mentre voliamo verso l’Irpinia sconvolta dal terremoto, si può vedere quanto fitto e quanto delicato, appunto perché fitto, sia il tessuto di rapporti umani, sociali, economici e
storici della nostra antica e disgraziata patria.
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Colui che risponde seccamente che il Sindaco è morto, poco dopo dice, facendo un gesto espressivo con la mano: “Adesso si vede chi ha rubato. L’ospedale nuovo, inaugurato l’altr’anno, è crollato, i malati sono morti, gli infermieri sono morti, i medici sono morti. E perché sono morti? Perché c’è stato chi ha rubato sul cemento come il negoziante disonesto ruba sul peso”.
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I sepolti vivi! E’ uno degli incubi dell’umanità, uno dei più terrificanti e sentiti, forse perché adombra il ritorno non voluto né previsto al ventre materno non più donatore di vita ma di morte, non più di luce ma di tenebre.
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Più tardi, mentre torniamo verso l’elicottero mi viene fatto