Magazine Cultura
MOLTO autoreferenziale.
E un tantino filosofico.
Diciamo pure MOLTO filosofico.
Ma perché quando si leggono/vedono/ascoltano certe cose una persona può solo parlare “per sé” in relazione a quello che ha letto/visto/ascoltato, e non può fare le veci dell’umanità intera.
- oh, buta, ma di che stai a parla’? -
Del fatto che siamo alle solite, che internet è un coacervo di opinioni (dove per opinioni dovete leggere “stronzate”), ma che, ad onor del vero, questa volta possiamo sfangarla tutti.
Sto parlando in maniera criptica, vero?
Niente paura, leggete e tutto vi sarà più chiaro…
Anche Re Giovanni è curioso...
Punto 1: un paio di giorni fa il dottor Mana pubblica QUESTO ARTICOLO. Quindi cliccate, andate a leggerlo, e poi tornate qua.
Fatto?
Bene!
Per i pigri che non hanno cliccato su QUESTO ARTICOLO, faccio il riassunto: l’opinione personale di un signore è: “Quando c’è crisi, fottesega dei lavori intellettuali, conta più un tozzo di pane che un libro”.
Il dottor Mana ha già ampiamente spiegato perché questo modo di spiegare è idiota, ma proviamo a fare il passo successivo. Perché il dottor Mana si chiede anche: “Di chi è la colpa?” e si dà la risposta: “Nostra”.
E anche su questo concordo in pieno.
A fronte di quell’articolo si è scatenato un dibattito enorme proprio su di chi sia la colpa se “Mr X” (chiamiamolo così) pensa che in tempo di crisi è più importante il tozzo di pane rispetto al libro. Potremmo obiettare, dati statistici alla mano, che negli ultimi 10 anni sono solamente i paesi che hanno investito in cultura e ricerca in maniera massiccia ad averla sfangata e a non aver risentito degli effetti della crisi.
Ma facciamo finta di lasciare da parte i dati statistici.
No statistiche? No party!
Perché la colpa è nostra?
Perché non facciamo nulla per cambiare, per fare in modo che “il libro” (inteso come conoscenza, come curiosità, come ricerca) sia recepito come un qualcosa di basilare, diciamo pure “fondamentale” per la nostra vita.
La colpa è nostra, che siamo assuefatti da una società (e cos’è la società, se non una parola “astratta” che indica sostanzialmente “noi”?) che basa il successo dell’individuo a seconda del suo tenore di vita, degli oggetti che possiede, del numero di banconote e carte di credito presenti all’interno del suo portafoglio.
Perciò “X”, che non sa spiccicare mezza parola, ma magari è "famoso" e "pieno di soldi" è visto meglio di “Y”, che sarà pure un genio che passa le sue giornate sul “libro”, ma è uno sfigato fallito perché non ha manco mezzo euro in tasca.
Giuseppe Simone: uomo di successo, che ce l'ha fatta
Se non puoi sfogare i tuoi “istinti di base”, se non puoi permetterti di fare “quello che vuoi”, se non puoi sfoggiare il tuo “successo”, oggigiorno non sei nessuno: quindi, a conti fatti, se il “libro” (che non porta soldi a meno che non ti chiami Stefano Re) non serve in tempi di opulenza, a che puoi mai servire in tempi di magra?
Vi dico come la penso io: non so voi, ma nel mio essere completamente povero (economicamente parlando*), se devo soppesare il “Non c’è nobiltà nell’essere povero” e “Non di solo pane vive l’uomo” (a voi l’attribuzione delle due frasi), arrivo a capire che per quanto mi riguarda vale sempre di più la seconda.
La mia famiglia non è mai stata ricca (anzi), io non sono mai stato (e mai sarò – anzi) ricco; eppure non mi sono mai sentito – né mi sento (anzi) povero.
Tranne quando faccio il blogger barbone, ovvio...
L’ho sempre detto, scritto e ribadito: mi basta “il libro” per essere la persona più felice della terra. Mi bastano la curiosità e lo studio per arricchirmi qui *immaginate che in questo momento mi stia picchiettando la tempia con l’indice della mano destra*.
E questa è una cosa che non mi può togliere nessuno. È una cosa che mi sono guadagnato nel corso degli anni, è una ricchezza che posso quadruplicare in quelli a venire, ma soprattutto è un “benessere” che non si può comprare con nessuna moneta.
E che non mi fa sentire inferiore a nessuno, ma soprattutto mi fa sentire (spesso) più ricco di quelli che possono vantare soldi e proprietà (ma in una discussione non riescono a fare 2+2).**
Ma a chi devo questa “stortura filosofica” del mio modo di pensare?
Insomma, chi è che ha rovinato la mia esistenza, suggerendomi che “il libro” fosse una cosa importante, imprescindibile quanto (se non più) del tozzo di pane?
Un principale indiziato...
Sarebbe facile dire che la colpa è della mia famiglia, dei miei insegnanti, di chi ha “inculcato” in me l’amore per la conoscenza (invece di farmi studiare modi leciti – o meno – per accumulare depositi di denaro in stile Paperon’ de Paperoni).
In realtà, quelli di partenza sono solo “input”. E sono grato alla mia famiglia che sin da piccolo mi ha riempito di fumetti e libri, sono grato agli insegnanti che mi hanno trasmesso la loro passione. Perché è partito tutto da loro. Ma posso dire che un pochino c’ho messo anche del “mio”.
E quando ci penso, penso che sarebbe ingiusto tenere le (sempre poche, eh) cose che “so” per me stesso. Ecco perché nel mio piccolo, quando posso, cerco di fare “quello che faccio”. Che sicuramente è stupido, sciocco, bambinesco, “nerd”. Ma (anche qui) ribadisco: se qualcuno dopo un mio video o dopo aver letto un mio saggio fumettistico ha avuto quell’input, gli si è accesa quella “scintilla” che lo porta a ricercare qualcosa (qualunque cosa) da solo, posso dire, come individuo facente parte della “società” di aver assolto (in parte e nel mio piccolo) al mio “compito”.
Sarebbe bello se tutti si sforzassero di far capire che, per il singolo individuo, ma anche per "la società", il "libro" vale come (se non di più) del tozzo di pane.
Come "la società" dovrebbe essere...
Magari se “Mr. X” avesse avuto gli stessi “input” di partenza la penserebbe in un modo differente.
Chissà.
Resta il fatto che è avvilente vedere che nel 2014 “il libro” (quindi la conoscenza, lo svago, il sapere, la “perdita di tempo”, eccetera eccetera) sia relegato ad un qualcosa di secondaria importanza.
O no?
Ditemi voi che ne pensate!
Ps: ve l’avevo detto che era un articolo completamente filosofico e autoreferenziale. ;)
Pps: cattiveria mode on. Se Zuckerberg “quel giorno” non avesse sfogliato un paio di manuali di programmazione al posto del pezzo di pane, col cavolo che Mr. X se ne poteva uscire con quella sciocchezza…
Ppps: ho messo il blog in modalità estiva. Da molto. Ve ne sarete accorti. Il che vuol dire che a parte il lunedì e il giovedì (giorno d'uscita del baretto), i post non avranno scadenza "fissa" (ma alla "quandocazzovoglio") fino a settembre.
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*Dai, su: fate la battuta sui bigmoney dei libri di Amazon. XD
**Tu chiamala, se vuoi, “presunzione”. ;)
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