Sono un poliziotto

Da Tabulerase

Sono un poliziotto, ma anche un carabiniere, un finanziere, un militare. Ho figli e una moglie precaria. Guadagno ciò che qualcuno reputa giusto anche se, spesso, non basta. Non mi lamento, però. C’è la crisi e sono fortunato ad avere un lavoro, per di più un lavoro che ho scelto e che non è un ripiego. A vent’anni volevo cambiare il mondo come tutti i ventenni. Anzi, volevo aiutare i deboli e combattere le ingiustizie che poi è voler cambiare il mondo. Ho indossato la divisa con orgoglio e ormai sono passati vent’anni. L’orgoglio è intatto, la stanchezza è tanta. Vent’anni faticosi, tanti sacrifici, poche soddisfazioni.

Quante cose ho fatto. La scorta a magistrati perbene che ti trattavano con rispetto, facevano il loro dovere e rischiare la vita per salvaguardare la loro è stato un onore. La scorta a politici meno perbene e non immaginate che vergogna e rabbia aspettare per ore sotto casa della loro amante di turno. Le missioni all’estero, quelle contro cui si scagliano i pacifisti pensando che andiamo a fare la guerra a quei poveri Cristi. Ci siete mai stati ad Herat? Li avete mai visti quei bambini? Il cuore ti va in frantumi quando sorridono e ci sorridono, sapete? Per loro siamo come babbo Natale. Alcuni di noi saltano in aria, a casa non tornano e li chiamano eroi… che tristezza quei funerali con le bandiere che sventolano e le mogli e i figli straziati e fieri.

Sono un poliziotto, ma anche un carabiniere, un finanziere, un militare. Sono stato in missione l’altra settimana. In un campo “profughi” a Lampedusa. Controlliamo che non fuggano. Ogni tanto ci prendono a pietrate. Anche loro sono poveri Cristi… poveri Cristi come noi.

Due settimane fa, invece, ero allo stadio per il derby. Ordinaria amministrazione. All’urina che ci buttano addosso ormai ci abbiamo fatto l’abitudine.

Tre settimane fa c’era quel corteo di studenti dell’età di mia figlia. I superiori ci dicono di stare in formazione, di non rispondere alle provocazioni, di non muovere un muscolo. E noi stiamo fermi, immobili, con i ragazzi che ci insultano come se nostre fossero le colpe di tutto. Ci hanno tirato i sanpietrini. Ad un mio collega hanno spaccato la testa. Capita. A me ne è arrivato uno in un fianco. Il giorno dopo ero a lavoro lo stesso. Il livido era enorme, il dolore sopportabile, che facevo, rimanevo a casa?

Sono un poliziotto, ma anche un carabiniere, un finanziere, un militare. In ufficio non abbiamo carta. Le auto delle pattuglie sono vecchie e se si rompono non si aggiustano.

Sono un poliziotto, ma anche un carabiniere, un finanziere, un militare. Abituato a dire sissignore, non con ossequiosa ed arida obbedienza. Per senso dell’onore, del sacrificio e del rispetto. Credo nel mio Paese e nella brava gente che ci vive. Combatto il crimine, aiuto i deboli ed eseguo gli ordini.

Nella foto il Brigadiere Giuseppe Coletta, caduto a Nasiriya il 12 Novembre 2003.


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