Mi pare – qualcuno mi corregga se sbaglio – che il tema toccato, e la modalità di affrontarlo, del nuovo albo di Janna Carioli e AntonGionata Ferrari, edito da Lapis – “Sono unico” – non sia affatto inflazionato nel panorama della letteratura per l’infanzia.
Probabilmente perché lo status di figlio unico è diventato piuttosto comune negli ultimi decenni, quando prima era una rarità.
Difficoltà nel concepire, ritmi di vita frenetici, problematiche di natura economica, scelte lavorative, società poco a misura di bambino, scarsità di servizi…queste e altre motivazioni – comprese quelle di natura strettamente personale – fanno sì che non siano rari i nuclei familiari a tre.
Ma nonostante la frequenza con la quale oggi molti bambini si trovino ad essere “figli unici”, ciò che non è cambiato, al livello sociale, è l’accezione negativa che si dà al termine.
Il figlio unico, quindi, si trova ad occupare un gradino di “compatimento” appena più basso del “figlio di genitori separati”, in un sistema che pare non trovare di meglio che categorizzare e conoscere più per definizione semplicistica che per fattivo avvicinamento alle singole situazioni.
Se non hai fratelli e sorelle stai sicuro che verrai etichettato come “poverino”, seguirà il “si sente solo” e subito dopo il “da grande non avrà nessuno con cui confrontarsi e condividere” (come se tutti i fratelli poi, da adulti, fossero migliori amici….).
Fuori dai luoghi comuni, le famiglie numerose – o anche il comune nucleo a quattro componenti – possono essere una risorsa o meno ma, là dove il figlio singolo è una scelta o una necessità, ciò che è giusto e sacrosanto è che questi non si senta in difetto, o mancante di qualcosa.
Ben venga quindi questo libro che, con un testo attento e illustrazioni allegre, fresche e briose, contribuisce all’opera di “rivalutazione” del figlio unico, cambiando il punto di vista con il quale guardare a quell’immancabile aggettivo, che non deve essere sinonimo di “solo” bensì di “speciale”.
Come ogni bambino, a prescindere dal numero di componendi della sua famiglia , di fatto è.
Leo, che va felicemente a spasso per la città insieme alla mamma, ha una sua identità ben precisa.
Tutti infatti lo conoscono e lo salutano, tutti paiono amarlo e considerarlo importante.
Soltanto un’amica della mamma, di fatto poco di buon umore perché alle prese con i suoi pestiferi gemelli, è interessata a sottolineare il fatto che il bambino sia figlio singolo, chiedendogli appunto se non desideri fratellini.
Ci sono infatti adulti di riferimento, affettivi e un po’ anticonformisti, a coccolarlo e condividere con lui tempo e giochi. Ma anche bambini della sua età: compagni di scuola, amici e cuginetti. Insomma no, Leo non si sente affatto solo. Lui lo sa: è unico, ma non perché mancante bensì perché insostituibile per tutti quelli che lo amano. Un albo semplice, diretto, solare, rassicurante.
Una carrellata di immagini positive, che parlano di relazioni, nelle quali emerge la dimensione affettiva e la centralità del bambino.
Ma non una centralità viziata, territorio di un piccolo tiranno che fa il bello e il cattivo tempo – altra immagine denigratoria consueta del figlio unico – bensì una posizione di diritto, sotto i riflettori dell’amore, dello spazio e della considerazione della quale, infondo, ogni bambino, anche quello con tanti fratelli, dovrebbe poter godere.
Non leggo infatti il libro secondo l’interpretazione che il figlio unico avrebbe tutti, parenti e amici, dedicati soltanto a lui, mentre chi non è singolo dovrebbe dividerli.
Mi piace, al contrario, dare ad esso il senso complementare ma positivo: come non sono soli i bambini che hanno sorelline e fratellini, così non lo è chi non li ha, perché l’amore delle persone di riferimento è presente ed è grande anche per loro ed in grado di farli sentire speciali ed importanti.
Una lettura terapeutica quindi, per i piccoli ma anche per i genitori. Per rassicurare anch’essi del fatto che non aver ingrandito la famiglia non è un torto fatto al loro figlio, se il fatto di essere unico non viene vissuto, e passato, negativamente.
Azzeccatissime le fresche e vivaci tavole di AntonGionata Ferrari.Con il loro tratto inconfondibile, la tenera impronta surreale, la fantasiosa arguzia, la forza suggestiva di immagini nelle quali tutti i particolari contribuiscono a costruire il senso, impeccabile, della narrazione, anche emotiva, con trovate geniali e sempre intonate.
Ogni tavola un’emozione e un sorriso per confortare i figli unici, ma non solo.
(età consigliata: dai 4 anni)
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