Di: Jessica Lambiase
Oggi, 18 Gennaio 2012, è una data da aggiungere agli annali: stiamo assistendo, come avrete potuto notare, al primo, vero “sciopero ufficiale” di Internet. Diversi siti web di importanza mondiale, quali Wikipedia (in inglese), WordPress.org, WordPress.com, Reddit e BoingBoing sono stati (lo saranno a breve) oscurati dai rispettivi staff, mentre altre risorse web – quali ad esempio Google.com -mostrano un messaggio di protesta. Senza poi parlare delle innumerevoli petizioni online e della rivolta che si sta scatenando sui social networks (occhio a Twitter: #StopSopa). Tutto questo grazie a due proposte di legge “ovviamente” made in USA i cui nomi, a prima vista, fanno quasi sorridere: trattasi di SOPA e del suo fratello “internazionale” PIPA.
Ma, in realtà, che significano queste due proposte, e quali conseguenze potrebbero portare?
Il decreto SOPA (che sta per Stop Online Piracy Act) è una versionepiù “evoluta” e “dolorosa” dell’attuale (ed in vigore) decreto DMCA (che sta per Digital Millenium Copyright Act), e sarà esaminato dalla camera il prossimo 26 Gennaio 2012. Come avrete sicuramente capito entrambi tendono a garantire e proteggere i diritti d’autore sui contenuti sparsi per il web, prevedendo azioni ufficiali verso coloro che infrangono tali diritti. Mentre l’attuale DMCA, però, prevede la sola rimozione del contenuto “protetto” dal sito/portale/blog su cui questo è pubblicato, e “al massimo” il pagamento di una penale, il decreto SOPA ci andrebbe giù decisamente più pesante, arrivando ad imporre – anche per un’infrazione di un singolo contenuto:
- l’oscuramento totale del sito incriminato, imponendo agli Internet Service Providers il blocco IP;
- l’impossibilità al suddetto sito di collaborare in qualsivoglia modo con meccanismi di ricerca e/o meccanismi di commercio online, quali Google, Twitter, Paypal e molti altri;
- il pagamento delle spese legali da parte del sito accusato, qualsiasi sia l’esito e la durata della controversia;
- SOPA – Protesta di Google.com
Per non parlare delle ancor più vaste ripercussioni su correnti di pensiero e di azioni quali, ad esempio, l’opensource: quale programmatore sarebbe disposto a sottostare ad altre restrizioni,oltre a quelle già (giustamente) imposte dalla licenza GPL (e dai suoi derivati)? E quale programmatore continuerebbe il suo operato sapendo di avere il fiato di un tribunale sul collo? E, inoltre, come sarebbe possibile diffondere software sotto licenza GPL, se applicare ciò che “recita” il decreto SOPA rappresenta un’infrazione della GPL stessa?
Altro rischio che il decreto SOPA potrebbe portar con se è, tra l’altro, quello di rendere illegali meccanismi che poco e niente c’entrano con l’infrazione del copyright (vedi proxy e relativi software per l’anonimatoo reti VPN). Tutto questo per tutelare i diritti d’autore sui contenuti sparsi sulla rete. Il che potrebbe essere – anzi, è – un ragionamento giustissimo, è giusto che l’arte in tutte le sue forme venga preservate da cloni, copie e falsi.
Personalmente, però, più che una tutela di diritti d’autore a me questo SOPA sembra un “voler imporre controllo su ciò che ancora nessuno è riuscito a controllare”, e che il signor Lamar Smith (colui che ha proposto il decreto SOPA alla camera statunitense, lo scorso 26 Ottobre) e le sue dodici pecorelle smarrite si stiano già fregando le mani pensando alla grande quantità di dollaroni che gli entreranno in tasca per essere stati gli artefici dell’abolizione di “The Pirate Bay”.
Fino ad ora vi ho parlato soltanto di Stati Uniti d’America: i più superficiali potranno aver pensato “Beh, e a me che importa?”
Ebbene, il Grande Fratello made in USA ha pensato anche a noi non-USA, riportando a galla un altra proposta (questa volta al Senato) americana datata Maggio 2011: la proposta PIPA. Pipa sta per Protect IP Act, e “Protect IP Act” non ha esattamente il significato di “atto per la protezione degli IP”: infatti anche l’esteso di PIPA è a sua volta un acronimo, e sta per “Preventing Real Online Threats to Economic Creativity and Theft of Intellectual Property Act” (atto di prevenzione dei reali rischi online legati alla creatività economica ed al furto di proprietà intellettuale). Fa veramente rabbrividire.
Sapete cosa fa il decreto PIPA? Bene, detto in breve autorizza il governo statunitense a mettere le zampacce anche dove in teoria non potrebbe, utilizzando la geniale scusa dei links ipertestuali. Vi spiego meglio: io posseggo un sito_a, registrato in Italia, su dominio italiano e sottostante alle leggi italiane (e quindi NON al SOPA), e dal mio sito parte un link a caso che, in qualche modo, possa condurre a sito_b, sito americano che sottosta alle leggi americane (quindi ANCHE AL SOPA). Facendo appello al PIPA il governo statunitense può muoversi legalmente contro di me, ed io verrei accusata di detenzione di materiale protetto, con tutte le conseguenze che il SOPA impone, semplicemente per la presenza anche di un solo link che, in una maniera o in un’altra, condurrebbe all’incriminato sito_b.
Non credo di dover essere io a dirvi le conseguenze assurde a cui ciò può condurre. Sì, SOPA e PIPA sarebbero la massima espressione del Big Brother made in USA.
Ho speso almeno tre ore e mezza per leggere integralmente i due decreti, giusto per capire se le correnti presenti in rete fossero, come al solito, profondamente catastrofiche. Me ne pento: questa volta avrei dovuto crederci, qui si sta andando a ledere la libertà di espressione sul web.
Ovviamente questa è la mia corrente di pensiero, opinabile, criticabile o condivisibile. E, per permettervi di informarvi e trarre le vostre conclusioni in maniera del tutto autonoma, voglio lasciarvi i link diretti ai decreti integrali SOPA e PIPA, presenti rispettivamente sulle pagine delle proposte alla camera ed al senato americano.
Stop Online Piracy Act – House
PROTECT IP Act of 2011 – Senate