Sopravvissuto - The Martian
di Ridley Scott
con Matt Damon, Jessica Chastain, Jeff Daniels
Usa, 2015
genere, fantascienza
durata, 130'
Piazzate a bella posta nelle locandine dei film per stimolare la
fantasia del potenziale spettatore, le frasi di lancio che accompagnano i
titoli dei film di Ridley Scott vanno spesso oltre i sofismi legati alle ragioni commerciali delle
grandi produzioni, per diventare la promessa di qualcosa che davvero
esiste all'interno dell'offerta narrativa proposta dalle storie del
regista inglese. Abbiamo ancora in mente quella presente nel poster di "Alien" (In Space No One Can Hear You Scream)
che prefigurava come meglio non si poteva la tragedia a cui sarebbero
andati incontro i componenti della nave spaziale Nostromo, decimati
dalla micidiale creatura aliena. E ancora, sempre per dire della
coerenza del regista inglese che, per ribadire il potere evocativo di
quelle parole, decise di lanciare il trailer del film (nel suo genere una piccola opera d'arte per estetica e suggestione) senza aggiungere alcun suono al cocktail
di immagini che lo costituivano. Meritano quindi di essere considerate
nella giusta maniera quelle che campeggiano sopra il faccione del
naufrago Matt Damon (Bring Him Home), per l'imperativo sotteso
alla missione di riportarlo a casa da parte dei suoi colleghi (e quindi
del film), dopo che gli stessi, credendolo morto, lo hanno abbandonato
sul pianeta Marte. Perché " Sopravvissuto - The Martian" essendo
innanzitutto un blockbuster di primo livello per impegno artistico e produttivo - basti pensare a una star
come Jessica Chastain, prestata a un ruolo importante, ma comunque
comprimario - si premura in prima istanza di mettere in bella vista i
segni di una natura spericolata e avventurosa, legata appunto alle
qualità di chi, con sommo sprezzo del pericolo e delle responsabilità
dovrà sobbarcarsi la operazioni necessarie a evitare al protagonista il
supplizio di un futuro senza speranza.
In realtà "The Martian"
aspira fin dal principio ad essere qualcosa di più di un film genere,
perché la parte più interessante e meno scontata appartiene proprio agli
inserti che hanno in minor grado a che fare con gli elementi
spettacolari della vicenda, e che sono quelli che si preoccupano di
ragguagliare lo spettatore sulle vicissitudini del naufrago e sulle
possibilità che egli ha di sopravvivere alla mancanza di risorse,
naturali e artificiali, che l'eccezionalità della sua condizione gli
prospettano. E' proprio negli inserti dedicati alle strategie di
conservazione adottate da Mark Watney, il film mette in mostra le sue
qualità visionarie, quasi tutte indirizzate verso una resa pressoché
verosimile del mondo alieno in cui si ritrova il protagonista. E' quindi
nella precisione dei dettagli con cui vengono ricostruiti gli interni
della base logistica in cui Mark è costretto a vivere (realizzata grazie
al supporto della Nasa che ha coadiuvato Scott dal punto di
vista tecnico) e nella creazione del paesaggio esterno del pianeta rosso
che l'autore dimostra di aver in parte recuperato la lucidità di uno
sguardo che, complice forse i molti impegni, era parso un pò appannato
negli ultimi lavori. Al contrario "The Martian" , sulla scia di un film
come "Gravity",
manifesta l'intenzione di proseguire il discorso di una fantascienza
più matura e meno vacua, abdicando per esempio all'opzione del
confronto/scontro con le civiltà extraterrestri, sostituita dalle
istanze ambientaliste e di recupero delle pratiche di coltivazione della
terra palesate nella risoluzione da parte di Mark del problema legato
alla mancanza di acqua (uno degli spauracchi con cui l'umanità si dovrà
scontrare negli anni a venire), necessaria a coltivare il campo di
patate improvvisato all'interno della base, oppure dalla necessità di
ritornare a uno stato di natura incontaminato e puro, come può essere in
prospettiva la vita sul pianeta rosso a cui il film si rapporta in
maniera tutt'altro che ostile ma, anzi, lasciando intendere sviluppi
positivi in termini di future possibilità abitative.
Rinunciando ai tratti più tipici di certo cinema ad alto budget
che non riesce più a prescindere dal tema della vendetta e
dall'esibizione di una potenza violenta e mortifera, "Sopravvissuto -
The Martian" sembra combattere un altro tipo di lotta, connessa con la
speranza di trovare fonti di energia alternative a quelle che già
conosciamo. Un bisogno impellente, per ragioni che non staremo qui a
spiegare, e su cui però Scott mostra di avere le idee chiare quando,
mettendo a confronto l'oggi con il domani, decide di lavorare sugli
opposti facendo entrare in dialettica gli spazi angusti e grigi, scelti
per rappresentare frammenti dell'esistenza che conosciamo, con i colori
caldi e gli orizzonti sconfinati che invece contraddistinguono quelli
del nuovo mondo.
E' quindi un peccato che la vivacità di
un'immaginazione tutt'altro che banale e la potenza di una narrazione
che ben utilizza miti e archetipi tipici del cinema americano (su tutti
quello della New Frontier) vengano in qualche modo messi in
secondo piano da una dose di patriottismo - presente nelle scene che ci
ragguagliano sulle reazioni dei vari personaggi che conducono le
operazioni dalla sala operativa - che in alcuni tratti trasforma "The
Martian" in un spot propagandistico in cui traspare, manco a
farla a posta, la sapienza e la lungimiranza di chi, e parliamo degli
Stati Uniti, si sente chiamato a guidare il resto dell'ecumene. E'
quindi un bene che il castway di Matt Damon (ottimo nella parte di un homo faber dalla
vitalità contagiosa), che usa il computer al posto del pallone, abbia
in dote un senso dell'umorismo in grado, in qualche modo, di smorzare il
sentimento d'onnipotenza che il film si porta dietro. Se poi qualcuno,
per denigrare il lavoro di Scott, volesse fare appello alle imprecisioni
della ricostruzione messa in piedi dal regista (su Marte non esistono
tempeste così intense come quella che da l'avvio alla storia e gli
spostamenti sulla superficie avverrebbero con saltelli e non camminando
normalmente), ricordiamo che le stesse rimostranze, pur esatte, non
hanno impedito a "Il gladiatore" di diventare un classico del cinema.
Qui non siamo a quei livelli ma il discorso rimane comunque uguale.
(pubblicata su ondacinema.it)