Il primo titolo di The Molasses Flood è un rogue-like basato sulla sopravvivenza, nel quale viene esaltata la tematica del viaggio
Nonostante la varietà di titoli riconducibili al filone survival sia particolarmente vasta, l'esperienza che si vive all'interno di The Flame in the Flood è per certi versi unica nel suo genere. Il gioco è sorto dalle idee che alcuni veterani dell'industria, con alle spalle comprovate esperienze di alto livello su prodotti tripla A, hanno scelto di mettere in pratica tramite il veicolo del crowdfunding.
In passato i fondatori di The Molasses Flood - Scott Sinclair e Forrest Dowling - hanno avuto modo di lavorare in qualità di art director e lead level designer sul franchise di Bioshock, ma nel portfolio di questa nuova realtà indipendente sono confluite anche altre professionalità di alto profilo provenienti da studi di primo piano come Harmonix e Bungie. Il criterio di finanziamento adottato per questo progetto ha dato modo di plasmare un prodotto senza compromessi, votato alla sfida e basato su un contesto di gioco che richiede attenzione e parsimonia. Ne è emersa così una propositiva avventura rogue-like basata sul crafting dei materiali e sulla sopravvivenza in un contesto dove il viaggio è posto al centro dei riflettori. Una giovane ragazza, chiamata semplicemente Scout, ha l'ingrato compito di affrontare in compagnia del proprio fidato amico a quattro zampe una pericolosa discesa sulle rapide di un fiume, mentre l'America sta vivendo una crisi che gli stessi creatori non definiscono post-apocalittica, ma più precisamente post-sociale. Attraverso questo percorso il giocatore ha il compito di apprendere svariate tecniche di sopravvivenza e di gestire oculatamente le risorse offerte dall'ambiente circostante, attraverso l'esplorazione di una moltitudine di isole e avamposti che vengono generati con criteri procedurali.twittalo! The Flame in the Flood esalta la sopravvivenza e la tematica del viaggio
Viaggiare sul fiume
Il parallelismo più immediato che sorge dopo aver osservato The Flame in the Flood è quello con Don't Starve. Anche in questo caso si affronta un'avventura di sopravvivenza dove l'interazione con lo scenario è basilare e viene sostenuta dalla raccolta di molti materiali, all'interno di un percorso di gioco che viene generato in modo procedurale e rende ogni partita diversa dalle altre sia per quanto attiene l'esplorazione, sia per la ricerca delle risorse utili alla prosecuzione del viaggio. In base al livello di difficoltà selezionato è possibile decidere di ripartire dall'ultimo checkpoint, mantenendo così traccia dei livelli di salute e della quantità di risorse conseguite fino a quel preciso istante, ma ai giocatori più hardcore viene offerta l'opportunità di impostare lo status di morte permanente, tramite il quale si viene obbligati a riprendere il percorso da zero ogni qual volta la protagonista non riesca a sopravvivere agli eventi.
Trovare il modo di entrare il più possibile in sintonia con la filosofia di gioco è fondamentale, sebbene non particolarmente semplice: bisogna fare di necessità virtù, sfruttando al meglio tutte le risorse offerte in ognuno degli avamposti nei quali Scout può attraccare la propria zattera. Qualsiasi azione compiuta durante il viaggio rischia di celare conseguenze letali e di condurre ad una rapida quanto infelice capitolazione. Per questo è richiesta una buona dose di autocontrollo e una gestione strategica delle risorse, che si incardina su quattro status fondamentali ai fini della sopravvivenza. Esistono un indicatore della fame e uno della sete, affiancati dai valori che rappresentano la temperatura corporea e il grado di riposo in cui versa la protagonista. Cibo e acqua sono due fattori chiave, ma bisogna prestare attenzione anche a ciò che si mette sotto i denti, perché non tutte le materie prime offerte dall'habitat fluviale costituiscono una corretta forma di sostentamento. È ad esempio possibile raccogliere l'acqua piovana o quella presente nelle pozzanghere, ma trattandosi di materiale contaminato è anche necessario essere in possesso di un dispositivo di filtraggio per evitare infezioni di tipo batterico. Allo stesso tempo sussiste sia il cibo che va consumato crudo sia gli alimenti che devono necessariamente essere sintetizzati o cotti sul fuoco per non risultare dannosi. Dal momento che la corrente del fiume costringe a scegliere una direzione piuttosto di un'altra, non è prevista la libera esplorazione di qualunque luogo e al contempo viene anche preclusa la possibilità di portare con sé tutti gli oggetti incamerati durante il cammino. In sintesi si viene ad instaurare un meccanismo di apprendimento molto radicato, che fa leva sull'esperienza e l'affinamento delle proprie tecniche di sopravvivenza, sebbene non manchi nemmeno una buona dose di fortuna al quale appellarsi di tanto in tanto.Pianificazione delle risorse
Dopo aver appurato che in The Flame in the Flood l'approccio vincente è insito nella corretta gestione delle tempistiche, bisogna iniziare ad entrare nell'ottica che le forme di sostentamento variano e sono strettamente connesse ai bioritmi della protagonista. È necessario bere e mangiare spesso, le ore di sonno servono a rimettere in forze il personaggio ma quanto più si dorme tanto più sarà elevata la quantità di calorie bruciate.
Allo stesso tempo bisogna evitare di rimanere troppo a lungo esposti alle intemperie, sebbene i rifugi siano sempre del tutto provvisori. Contrariamente a quanto accade in molti altri titoli basati sulla sopravvivenza, nei quali può essere prevista la costruzione di una propria base o la sosta presso luoghi di approdo deliberatamente sicuri, in questo caso non esiste affatto un posto che metta temporaneamente fuori pericolo il giocatore. La sensazione trasmessa da questa forma di sopravvivenza è molto concreta, slegata dalla presenza di situazioni parossistiche o altamente adrenaliniche ma incentrata invece su una moltitudine di problematiche alle quali il giocatore deve saper rispondere con le corrette chiavi di lettura. Rimanere in sella alla faccenda non appare mai scontato ed è sufficiente un banale errore di valutazione per compromettere l'esito della partita, di conseguenza il raggiungimento di un nuovo giorno o il superamento di un problema vengono accolti da un concreto senso di soddisfazione e di conquista, pur rimanendo legato a piccoli risultati. Ovviamente, nell'economia del gameplay, l'uso dell'inventario gioca un ruolo fondamentale e, anche sotto questo punto di vista, le restrizioni non mancano affatto. Nelle prime fasi dell'esplorazione il problema si pone fino a un certo punto, ma ben presto la limitata quantità di slot disponibili si fa sentire eccome, obbligando continuamente a scegliere cosa portare con sé e cosa abbandonare sul terreno, non senza un crescente senso di frustrazione quando ci si rende conto, poche miglia più avanti, che quella specifica risorsa sarebbe potuta servire eccome. Ciò avviene anche perché ogni singolo avamposto è un luogo a sé stante e, di conseguenza, non è detto che le risorse appena abbandonate con riluttanza possano essere recuperate di nuovo in tempi sufficientemente rapidi, specie se è sorto qualche problema impellente come ad esempio uno status di avvelenamento. In ogni caso le difficoltà non dipendono solo dalla gestione continua dei materiali e dal mantenimento della salute, ma passano anche dalla presenza di minacce animali, come cinghiali o lupi, le cui incursioni possono essere scongiurate solamente attraverso la costruzione di trappole.Requisiti di Sistema PC
- Configurazione di Prova
- Processore Intel Core i7 -4770
- 16 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 970
- Sistema operativo Windows 10 Pro
- Requisiti Minimi
- Processore Dual Core 2.5 Ghz and up
- 4GB di RAM
- Scheda video compatibile DX11
- 2GB spazio su disco
Redazione
S.V.Lettori
Pro
- Molte risorse da gestire
- Interessante approccio di conservazione del personaggio
- Esperienza procedurale modifica la struttura di ogni partita
- Stimola ad ottimizzare la propria strategia di gioco
Contro
- Interfaccia migliorabile
- Inventario piuttosto inflessibile