Magazine Cultura
(id.)
di Marco Bellocchio (Italia, 2010)
con Elena, Maria Luisa, Letizia e Piergiorgio Bellocchio, Donatella Finocchiaro, Alba Rohrwacher, Gianni Schicchi.
VOTO: ****
Domanda retoricissima e scontata: può un film di Marco Bellocchio essere definito 'minore'? E può un film di Marco Bellocchio risultare banale, fine a se stesso, un semplice esercizio di stile?
Le risposte le lascio a voi: a me preme soltanto consigliare a coloro che non lo avessero ancora visto Sorelle Mai, l'ultimo film del regista piacentino, passato fuori concorso alla 67. Mostra del Cinema di Venezia. E consiglio vivamente di non perderlo. Qualuno potrà definirlo 'un gioco', altri 'un ricercato divertissement', ma questo piccolo lungometraggio, fortemente autobiografico, girato a costo zero durante le vacanze estive e realizzato addirittura nell'arco di un decennio, può definirsi davvero un 'gioiellino' raffinato e prezioso.
Un lavoro che è nato quasi per caso, senza nemmeno prevedere una futura distribuzione, con un cast di parenti e amici a cui solo in un secondo momento si sono aggiunti attori 'veri', che comunque hanno prestato la loro opera assolutamente gratis, come in un momento di 'ricreazione'. Un progetto casuale, assolutamente libero, senza alcun condizionamento da logiche di mercato e per questo veramente genuino, spensierato, leggero come mai abbiamo potuto riscontrare in un film del 'Maestro'.
Sorelle Mai non è un'imprecazione... Mai è semplicemente il cognome delle due donne protagoniste della storia (nonchè vere sorelle del regista), due arzille vecchiette che fanno da fulcro a una trama che le vede impegnate a convivere con i delicati rapporti famigliari tra la nipote Sara, sua figlia Elena, il fratello Giorgio, tutti brillantemente interpreti di loro stessi. L'epicentro della storia è a Bobbio, il paese natale di Bellocchio, e questa ironica e tenera docu-fiction altro non è che un ritratto gioioso, appassionante e ricercato di una famiglia 'particolare', fatta di delicati intrecci umani, piccoli segreti, drammi sotto pelle, dilemmi e dispiaceri di figli e nipoti più o meno 'scapestrati'.
Composto da sei episodi girati tra il 1999 e il 2008 (e dove il tempo 'reale' coincide con quello dell'azione), il film è girato (non certo casualmente) negli stessi luoghi del lungometraggio d'esordio del maestro piacentino: parliamo ovviamente de I pugni in tasca, titolo più volte 'evocato' nella pellicola, quasi a voler significare una continuità di un percorso narrativo, umano, stilistico e professionale che va avanti ormai da oltre quarant'anni e dimostra quanto il regista stesso tenga in considerazione i valori del ricordo e della Memoria, elementi fondanti non solo della sua filmografia ma (soprattutto) anche della società civile. Anche in un film esile e 'goliardico' come questo.
Tuttavia, a scanso di equivoci, va detto che Sorelle Mai è un film 'bellocchiano' al 100%, con tutte le caratteristiche dell'opera-omnia dell'illustre cittadino: simbolismi, iperboli, suggestioni, 'rabbia' filmica più o meno repressa, anche in un contesto apparentemente accomodante e ospitale come quello della famiglia. A fare la differenza è il registro del film, decisamente più spontaneo e brillante, che fa quasi 'simpatia', abituati come siamo alle 'atmosfere' complesse e irrazionali di tutti i film di Bellocchio, e che qui paiono stemperarsi in un raccontino esile e dretto. Ma piano piano, andando verso il finale abbastanza 'sconvolgente', ecco che i nodi vengono al pettine e le tematiche profonde di un cineasta mai scontato e sempre coerentemente 'impegnato' non vengono meno neanche stavolta. Ma è meglio non dire altro per non rovinarvi la visione... vi basti sapere che gli attori sono bravissimi (compresi gli 'ospiti' Alba Rohrwacher e Donatella Finocchiaro), i dialoghi naturali e accattivanti, e che tutti i 110 minuti del film sono un' autentica delizia per gli occhi.
Quanto basta per convincervi a vederlo. In attesa del prossimo lavoro, che si preannuncia ben diverso e certamente molto meno 'leggero'. Bellocchio torna ai suoi standard mettendo in scena (scommettiamo) da par suo la vicenda di Eluana Englaro... si chiamerà La bella addormentata, e certamente non mancheremo di parlarne. Non solo noi, c'è da scommetterci!
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