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Sorrisi in corsia, intervista ad Andrea

Creato il 09 agosto 2012 da Tipitosti @cinziaficco1

Lavora in un’azienda metalmeccanica, ma quando smette la tuta da operaio, Andrea Tamberi, nato nel ’76 a Pescia, si trasforma in un mago, che dispensa allegria e speranze ai bimbi malati.
Dallo scorso anno, con sua moglie, è diventato volontario della Fondazione dell’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze e ha creato la sezione Valdinievole di questa associazione. Nel 2011 ha scritto una favola Ago e il suo paradiso. E l’ha fatto in azienda, durante una pausa pranzo, col suo cellulare.Sorrisi in corsia, intervista ad Andrea
Recente è il libro Tartarughe Sorprese – Edizioni C’era una Volta, un racconto che ha dedicato ad una ragazza, Daniela, da anni affetta dalla Lafora, una malattia impietosa. “Questo – afferma – è tutto ciò che mi riempie la vita. In realtà avevo un grande progetto fin da piccolo: sposarmi e creare una famiglia. In questo sono stato fortunato. Ma sono andato oltre. Sognare è il mio modo di vivere. Se non desideri, sei finito. Mi sono reso conto che provavo più gioia quando i miei sogni facevano contenti gli altri. E, soprattutto, quando invogliavo tanti altri a fare come me. Volevo creare una catena di amore e altruismo universali. Ci sto riuscendo. E ne sono felice”
I suoi strumenti sono la scrittura e il teatro. E così?
Scrivo racconti per bambini, perché è più facile parlare di sogni. Nella favole non ci sono “regole” : gli animali parlano, gli uomini capiscono e potrei continuare all’infinto. Niente limiti, e soprattutto, sempre una chiusura lieta. Tutto è cominciato osservando gli sguardi e i sorrisi di piccoli malati, che assistevano alla rappresentazione di racconti. Non so spiegare cosa mi sia successo. So solo che non ho più smesso di interessarmi a loro. Ho iniziato a seguire presentazioni di libri. Insomma, mi sono formato col tempo e soprattutto, guardandoli. Così ho inventato il Raccontastorie Smemorato. Un personaggio buffo, con un cappello speciale. Le assicuro che ho lavorato tanto su me stesso. Non è stato facile. Ma mi ha permesso di toccare la felicità di tanti bimbi prima tanto malinconici.

Perché ha dovuto lavorare tanto su se stesso?
Prima non sapevo fare niente e in pochi mesi ho iniziato a fare il giocoliere. Il mio amico Giuseppe Fulceri mi ha insegnato qualche esercizio di magia e qualche trucco per gli spettacoli. Così mi sono arrivati molti inviti. Una mattina, ero in una scuola di Pescia. Mi sono trovato con 260 alunni della scuola primaria. Panico. Mi sono chiesto: ‘Come faccio a tenerli buoni?’

E invece?
Guardando i loro occhi è stato semplice capire cosa cercassero. Incredibile, non avrei mai pensato che ci sarei riuscito. Un giorno sono andato a presentare la mia favola in una scuola primaria. Lì ho visto un bambino con problemi psichici, che non prestava attenzione a nessuno. Vagava per la scuola, seguito dall’insegnante di sostegno. Non ha partecipato alla presentazione, perché è uscito da scuola prima. Dopo una settimana ero alla festa di fine anno, mascherato da Ago. Appena sono entrato quel bambino, mi si è avvicinato e mi ha preso per mano. Dopo qualche ora, quando il pubblico ha iniziato ad applaudirmi, mi è saltato al collo, abbracciandomi forte. In quel momento, però, lui non stringeva me, ma il suo amato leone. Credo che quell’attimo mi abbia ha ripagato di ogni fatica.

Immagino non sia facile preparare lo spettacolo, dopo una giornata di lavoro!

Sorrisi in corsia, intervista ad Andrea

Sì, non è facile trovare il tempo. Non è facile organizzare e far coincidere tutto. Non solo, spesso combatti con persone che non capiscono i tuoi intenti, non hanno tempo di ascoltarti. Tante volte devi scontrarti con l’indifferenza, la scarsa collaborazione, la maleducazione. Ma la voglia di far passare un filo di luce, laddove ci sono buio, paura e disperazione, è più forte. E poi ho mia moglie, un porto sicuro. Il mio paradiso. E’ stato grazie a lei che ho imparato quanto importante sia far sorridere chi è solo e senza progetti. Scrivere, poi, mi ha permesso di fuggire dalla realtà. Scrivere, ho scoperto, vuol dire anche ascoltare se stessi. Ho imparato molto grazie a questa mia nuova passione e ho iniziato nuovamente a vivere con un po’ più di serenità.

Da cosa pensa derivi il desiderio di regalare sogni a chi soffre?
Credo che regalare sogni a chi soffre sia impossibile. I sogni sono personali, vengono dal nostro cuore. Chi dice di poterlo fare, in realtà inganna. Però, possiamo provare a regalare speranza, ognuno con ciò che sa fare meglio. E poi ci sono i sorrisi: possiamo sforzarci di donarli. E’ merce rara, ma l’impegno viene sempre premiato. Il desiderio di regalare sorrisi e speranze a chi soffre deriva dall’esperienza. Continuo perché ho un obiettivo: creare una catena d’amore. Nessuno in questo mi ha ostacolato o lo fa oggi. Ma molti mi hanno detto che non sarei riuscito, molti mi hanno ignorato. Però io lo so: fa parte del gioco.

Sorrisi in corsia, intervista ad Andrea
Dunque, chi è Andrea Tamberi?
Un ragazzo, anzi un bambino cresciuto. Talmente bambino, che potrebbe essere definito un uomo. Fino a ventisei anni credevo che tutto fosse possibile, impegnandosi. Poi la morte di mio fratello. La vita ad un tratto ti fa capire quanto in realtà siamo piccoli. Per un periodo ho iniziato a temere i momenti belli della vita, perché appena alzavo la testa, arrivava un problema grande. Così ho capito che la cosa importante è riuscire a chiudere gli occhi. E lasciarsi andare. Come per magia sempre ci si ritroverà a volare con la fantasia. E a stare meglio. Ce la sto mettendo tutta.

Intanto Andrea annuncia che ha terminato il secondo capitolo della favola: “Ago e il paradiso in città” e che tutti i proventi della vendita del suo ultimo libro saranno devoluti all’associazione A.I.L.A, fondata dai genitori dei ragazzi affetti da Lafora e Uniamo Federazione Italiana malattie Rare Onlus.

Cinzia Ficco


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